Questa mattina, alle prime luci dell’alba, a Rosarno, Polistena, nonché nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia, i Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione denominata “Faust”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del locale tribunale, nei confronti di 49 persone, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura e procurata inosservanza di pena. Il provvedimento è l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2016, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività della cosca locale di Rosarno, mediante una rete collaudata di cointeressenze criminose. Sono stati accertati i rapporti della cosca con altre storiche cosche del territorio della provincia di Reggio Calabria, anche operanti in altre parti del territorio nazionale. In manette è finito anche il sindaco di Rosarno, Giuseppe Idà.
GLI ARRESTI NEL SALERNITANO – Nel dettaglio, in provincia di Salerno, sono 4 le persone finite in cella e 3 ai domiciliari, residenti a Battipaglia, Olevano sul Tusciano, Eboli e Roccadaspide.
IL LATITANTE SCOVATO E ARRESTATO A CAMPAGNA – Nel corso della medesima attività investigativa è emerso anche il favoreggiamento, da parte di alcuni indagati, della latitanza di un associato, il 65enne Domenico Pepè, finalizzata ad evitare l’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere: Pepè è stato assicurato alla giustizia nel dicembre 2017, scovato ed arrestato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno nel comune di Campagna. Da evidenziare è il fatto che il latitante avesse trovato rifugio in Campania, a riprova del legame di tipo mutualistico che avevano stretto la consorteria mafiosa di Rosarno con quella salernitana.
L’ARRESTO A ROCCADASPIDE – In manette, arrestato dalla polizia del Commissariato di Battipaglia per detenzione ai fini di spaccio di droga, finì il 14 luglio del 2020 il 61enne Pasquale Minella, che in quel momento si trovava già agli arresti domiciliari.
Particolarmente significativi, inoltre, sono gli accertamenti sulla operatività dell’articolazione territoriale di ‘ndrangheta denominata società di Polistena (RC), capeggiata dalla locale ‘ndrangheta. L’indagine ha permesso, inoltre, di documentare l’esistenza di una fiorente attività di narcotraffico che, partendo dall’hub portuale di Gioia Tauro, ha intersecato gli interessi illeciti anche di appartenenti ad altre realtà criminali organizzate, operanti sui territori della Campania, grazie alle contiguità con appartenenti a storiche consorterie camorristiche; Puglia, con particolari aderenze a consessi della Sacra Corona Unita; Basilicata, ove è stata documentata la rete relazionale intessuta con esponenti di un’articolazione mafiosa locale denominata storicamente dei “basilischi” quale promanazione di matrice ‘ndranghetistica.
Nell’ambito delle dinamiche connesse all’assunzione del predominio della gestione del traffico illecito di sostanze stupefacenti, era maturato anche il proposito di assassinare un affiliato di una delle articolazioni di ‘ndrangheta operative sul territorio con particolare declinazione nello specifico settore illecito. Delitto che non si è poi realizzato, solo perché la vittima non è caduta nella trama criminale, non presentandosi agli appuntamenti che le sarebbero stati fatali. Partendo dal contesto legato al narcotraffico è stato registrato il reimpiego del denaro in attività usurarie, tale pratica ha denotato la capacità dell’articolazione mafiosa investigata di pervadere l’economia legale quale naturale evoluzione criminale dei capitali illecitamente accumulati: pratiche che condizionano la libera economia, permettendo agli esponenti della consorteria mafiosa interessata dall’odierno provvedimento di controllare diverse realtà imprenditoriali operanti sul territorio.
In tale quadro, le indagini hanno consentito di censire diversi episodi di minacce e danneggiamento in danno di commercianti e relativi beni mobili ed esercizi commerciali, fatti commessi a scopo estorsivo con finalità mafiose così come il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a consumare una rapina ai danni della proprietaria di una struttura alberghiera. Gli episodi censiti e documentati hanno permesso di sottolineare che la ‘ndrangheta, in special modo in taluni territori, non ha mai abbandonato la pratica della violenza finalizzata alle esazioni estorsive non solo quale mezzo di arricchimento illecito ma soprattutto quale strumento di controllo del territorio.
Sempre nell’alveo dell’attività criminose della cosca, sono state raccolte fonti di prova che hanno permesso, inoltre, di documentare la commissione di truffe mediante artifizi e raggiri consistiti nel far figurare delle ritenute d’acconto su redditi non soggetti ad IRPEF, nelle dichiarazioni dei redditi presentate nell’interesse di persone asseritamente non soggette a tassazione, traendo in inganno gli enti previdenziali sul diritto del richiedente al rimborso delle ritenute, in realtà non effettuate, ottenendo così ingiustamente il rimborso di danaro.
NEI GUAI SINDACO ED AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI ROSARNO – Di rilevante gravità, infine, la documentazione del condizionamento degli organi di vertice dell’amministrazione locale, mediante il controllo e la guida delle campagne elettorali nell’ultima competizione comunale di Rosarno. In particolare, le investigazioni hanno consentito di accertare l’appoggio elettorale fornito dalla cosca ad alcuni candidati politici, poi risultati eletti, destinatari di misura di custodia domiciliare, in cambio della promessa di incarichi nell’organigramma comunale a uomini di fiducia della consorteria criminale, nonché l’assegnazione di lavori pubblici e di altri favoritismi.
Indagati cui è stata applicata la misura cautelare in carcere:
Raffaele Belcastro, 61 anni
Salvatore Belcastro, 30 anni
Angelo Caccamo, 37 anni
Raffaele Cammariere, 60 anni
Antonella Caponigro, 43 anni
Salvatore Carlo, 46 anni
Andrea Cucinotta, 37 anni
Antonio Cutano, 46 anni
Francesco Cutano, 64 anni
Luigi Cutano, 42 anni
Sergio Gambardella, 57 anni (di Olevano sul Tusciano)
Giovanni Grasso, 28 anni
Francesco Ieraci, 38 anni
Angelo Iorio, 57 anni (di Battipaglia)
Diego Lamanna, 42 anni
Francesco Longo, 52 anni
Vincenzo Longo, 57 anni
Giuseppe Mallamace, 68 anni
Domenico Marino, 31 anni
Giuseppe Messina, 41 anni
Teodoro Montenegro, 33 anni
Angela Pace, 25 anni
Giuseppe Pace, 51 anni
Domenico Pepè, 65 anni
Domenico Pisano, 70 anni
Francesco Pisano, 65 anni
Salvatore Pisano, 73 anni
Vincenzo Pisano, 61 anni
Salvatore Scarcia, 53 anni
Giuseppe Spada, 41 anni
Indagati posti agli arresti domiciliari:
Salvatore Cascone, 62 anni
Giuseppe Consiglio, 36 anni
Antonio Ferrinda, 37 anni
Rocco Fusca Cono, 53 anni
Giuseppe Iannace, 71 anni
Giuseppe Idà, 39 anni
Antonio Ierace, 71 anni
Domenico Longo, 72 anni
Mattia Ligato, 23 anni
Pasquale Minella, 61 anni (di Roccadaspide)
Biagio Moretto, 61 anni
Rocco Occhiato, 46 anni
Salvatore Paladino, 56 anni
Ruggero Palermo, 73 anni
Franco Panariello, 57 anni
Marco Petrini, 26 anni
Domenico Scriva, 64 anni
Giuseppe Seminara, 42 anni
Rosa Sica, 55 anni