Non è ancora cominciato il campionato e la sensazione è che la Salernitana sia stata autrice di una falsa partenza. Chi ha memoria della gioia, della soddisfazione, dell’euforia che hanno accompagnato la squadra verso la A e, successivamente, sono state manifestate nei festeggiamenti dei giorni seguenti? Di quella felicità ancora più grande perché determinata da un traguardo inatteso non v’è più traccia ed il covid c’entra il giusto. Non sono certo i salernitani quelli che non amano festeggiare dopo una vittoria, tanto più che vincere da queste parti non è la cosa più scontata del mondo. Nel ’90, come in occasione delle altre promozioni, i festeggiamenti sono proseguiti per settimane e settimane. Quest’anno, invece, anche per eventi luttuosi, sono stati molto più contenuti in quanto a durata temporale e, sotto sotto, erano stati rimandati al 19 giugno nella speranza che per quel giorno la serie A fosse stata certificata anche dall’avverarsi di quella condizione chiesta dalla Figc e che oggi ancora latita. Tra i primati dell’attuale proprietà, per qualcuno uscente e per qualche altro invece destinata a restare pro tempore se passerà una certa linea, c’è quello di aver fatto sentire ancor più forte l’esigenza di festeggiare il 19 giugno, data e circostanza in cui Salerno, i tifosi granata, la gente hanno bisogno di identificarsi con i colori, con la maglia, con il simbolo, come reazione – cioè come azione esatta e contraria – a quelle ricevute da chi negli anni non ha sempre mostrato rispetto e considerazione per tutto ciò e che ancora oggi continua a tenere in scacco una città ed il suo sogno. Chi non ha mai digerito la multiproprietà rivendicava per i tifosi la libertà di sognare. Bene, ora più che mai, il sogno della serie A rischia di tramutarsi in incubo perché al di là della soluzione o dell’espediente che sarà trovato davvero c’è ben poco di genuino, di romantico, di puro in tutta questa vicenda che gira intorno ai soldi, al potere, a rivendicazioni e dispetti di tipo politico in senso lato in cui la Salernitana ci cala, non Joseph!, il giusto e pare esserci finita dentro come mero pretesto, occasionale materia del contendere maneggiata non si sa quanto con cura e sicuramente senza molto rispetto da più parti. Insomma, altro che falso problema. La multiproprietà era e resta il problema, forse con la colpevole partecipazione della Figc che ogni giorno mette paletti che poi sposta, e che ora si potrebbe ritrovare con la patata bollente tra le mani. Perché se è logico pensare che nessuna trattativa possa sorgere ed andare in porto in pochi giorni, e se, come da più parti filtra, da mesi la proprietà si sta preparando al piano B, il famoso trust di scopo, che cosa farà la Figc se alla scadenza del 25 giugno sarà questa l’unica via prospettata dalla proprietà? Accetterà una soluzione del genere, iscrivendo al campionato, la serie A non la terza categoria con tutto il rispetto, un club con il cartello vendesi in bella mostra che non potrà essere gestito direttamente da chi se ne sente il padrone più che il proprietario? E, ammesso che accetti, come sarebbe vivere un campionato di serie A con un gestore, che non avrà certo il carisma, la capacità comunicativa di un vero presidente. Vi immaginate il tizio in questione scendere negli spogliatoi per incitare i calciatori, come fosse il surrogato di un Lotito acqua e zucchero del Penzo di Venezia, dove la Salernitana vide negli occhi la retrocessione sul campo? Restano da scindere i diversi piani della vicenda. La Figc potrà dire sì ad un trust di scopo ed allora per molti l’importante sarà che finalmente si potrà andare allo stadio come se niente fosse, mentre per altri ciò non basterà. Il problema giuridico ed il dilemma morale: Salerno è già oltre la questione societaria, condannata com’è a non poter mai godersi nulla fino in fondo e senza un velo di tristezza e preoccupazione. Un velo che copre, ancora per poco, le reali intenzioni di tutti gli attori della vicenda. Lotito non si sente affatto all’angolo, anzi è sempre più al centro del ring. In attesa di un colpo di scena che magari si consumerà a Roma, dove ha sede la Lazio, e non a Salerno. Per uno che non vende sogni ma solide realtà, non sarebbe che una questione di prezzo, quello giusto, anche cedere un altro bene. Perché un trust si può sempre sciogliere se viene meno il motivo per cui è stato istituito.
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