La sentenza della Corte di Appello di ieri non risolve la vicenda del Crescent e, se sono comprensibili le reazioni trionfalistiche di chi condivide la posizione degli assolti, restano ancora in piedi i presupposti per avere fiducia nella vittoria finale della Giustizia. Questo il commento in una nota di Italia Nostra Onlus e il Comitato No Crescent
In primo luogo, va decisivamente sottolineato che la Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado anche sotto il profilo della falsità dell’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza del 2 marzo 2009, a firma del Soprintendente Zampino e del funzionario Villani.
Tale sua acclarata falsità incide in radice anche sulle autorizzazioni rieditate che non potevano essere rilasciate perché basate su autorizzazioni false.
Una conferma di criticità che inficia in radice tutto il procedimento, al di là della attribuzioni di responsabilità penale degli imputati.
Peraltro, la sentenza costringe proprio le controparti a proporre ricorso in Cassazione per evitare che la dichiarata falsità passi in cosa giudicata.
Ma v’è di più.
Nel collaterale procedimento contro la deviazione del Fusandola, il Gip del Tribunale penale di Salerno ha recentemente condannato un funzionario comunale, stigmatizzando l’intera procedura del Comune e accertando, tra gli altri reati, la illecita deviazione del torrente.
Il punto nodale di questa grave questione, oltre alla deturpazione irreversibile dei caratteri identitari del centro storico, è costituito dal pericolo del mancato rilascio della necessaria autorizzazione idraulica da parte del genio civile di Salerno. A tale riguardo afferma il Gip nella sentenza del 15 aprile 2021, che:
“Non è stata acquisita, seppure richiesta in data 6.6.2008 prot. 912140 e successive integrazioni, la necessaria autorizzazione idraulica di cui all’art. 93 r.d. n. 523/1904 da rilasciarsi da parte del Genio civile di Salerno. Detta autorizzazione non poteva in ogni caso essere rilasciata in quanto la prevista e poi realizzata deviazione del torrente rientra ex art. 96 del r.d. n. 523/1904 tra le attività vietate in modo assoluto sulle acque pubbliche. Divieto che, come detto, assolve alla ragione pubblicistica di tutelare ed assicurare il libero deflusso delle acque di fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici. L’autorizzazione infine non poteva comunque essere rilasciata in quanto la deviazione del torrente prevede comunque che il nuovo alveo sia di tipo chiuso e quindi coperto. Previsione questa che contrasta con le disposizioni di cui all’art. 115, comma 1. D.lgs n. 152/2006, che invece vieta la copertura di qualunque corso d’acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità”.
In riferimento a detta sentenza, il Ministero della Transizione Ecologica, qualche giorno fa, ha chiesto al Comune di Salerno, alla Regione Campania e alla Agenzia del Demanio, di conoscere i provvedimenti che intendono assumere in ordine al ripristino dello stato dei luoghi per evitare il pericolo di esondazione.
Come appare evidente, nulla è risolto, anzi, con tale sentenza, la decisione di deviare il torrente Fusandola, per consentire la edificazione di un fabbricato privato, si dimostra davvero scellerata.
E v’è ancora di più.
Sotto il profilo amministrativo, le nuove autorizzazioni sono sub iudice con riferimento al ricorso pendente innanzi al Consiglio di Stato che, fissato per il mese di maggio 2020, è stato rinviato di ufficio per l’astensione di due magistrati del Collegio. Italia Nostra ha già sollecitato la fissazione dell’udienza.
Alla luce di tali obiettive evidenze, le associazioni confidano nella Giustizia, che non potrà alla fine avallare una edificazione illegittima ed illecita.
Appare doveroso fare chiarezza, infine, sul procedimento ieri concluso in appello.
In esso, le associazioni hanno rivestito il ruolo di ‘parti civili’ ammesse come rappresentanti dei cittadini potenzialmente danneggiati dai reati contestati. In tal senso, esse hanno fortemente sostenuto l’attività della Procura condividendo le contestazioni contro una inaccettabile aggressione portata al territorio con l’usurpazione di luoghi pubblici, della spiaggia e del mare storicamente utilizzate per la balneazione dai residenti.
Le scriventi assicurano che come associazioni a tutela dell’ambiente e dei diritti dei cittadini, continueranno nella battaglia per assicurare alla Comunità la difesa dei suoi ‘beni comuni’. Beni di tutti, necessari.