Il mercato videoludico contempla una delle forme di concorrenza più accese del settore industriali. La corsa al gioco all’ultimo grido sembra non finire mai e gli sviluppatori di software devono inventarsene sempre una in più per restare almeno al passo degli altri. Spesso l’incidente è dietro l’angolo. Negli anni ’90, ad esempio, la Nintendo aveva studiato a lungo un sistema di telecamere per seguire correttamente i movimenti dei personaggi nei titoli in 3D, per poi scoprire all’ultimo che la SEGA aveva appena depositato il brevetto di un’idea simile. Insomma, ne possono capitare davvero di tutti i colori, a maggior ragione oggi che le applicazioni degli store digitali hanno messo a disposizione centinaia e centinaia di giochi gratuiti. Il mercato si è notevolmente ampliato e l’utente finale non può che esserne felice, anche se talvolta può risultarne disorientato.
Le software house che dominano il mondo dei videogame sono decine e alcune di queste rispondo al nome di marchi celebri. La succitata Nintendo non ha certo bisogno di presentazioni. Durante gli anni ’80 e ’90 il competitor principale era rappresentato dalla SEGA, che ha poi abbandonato la produzione delle console. La Nintendo riesce ancora a tenere botta nell’epoca contemporanea, nonostante il boom della Xbox e soprattutto della Playstation. Molti dei personaggi che vengono proposti nei videogiochi di oggi erano già presenti sugli schermi 40 anni fa: si pensi ad esempio a Donkey Kong o a Super Mario, apparso per la prima volta proprio nei giochi del gorilla virtuale con il nome generico di “Jumpman”.
Volendo stilare una graduatoria delle software house più importanti in circolazione non si può non piazzare al secondo posto l’Electronic Arts, sviluppatrice dei giochi sportivi dedicati al calcio, al basket e alla Formula 1. FIFA e NBA Live. La Konami, madre di PES, ha ottenuto bei risultati nel terzo millennio, ma sembra aver perso ormai fin troppo terreno. Occhio allora ad Activision, il primo editore di videogiochi indipendente della storia, senza il quale non avremmo mai visto sugli scaffali la serie di Call of Duty e il prosieguo della saga di Crash Bandicoot, così come senza Ubisoft non avremmo mai fatto la conoscenza del personaggio di Rayman.
L’intrattenimento si è radicalmente trasformato negli ultimi tempi e non è detto che sia necessariamente un videogioco a far svagare giovani e non. Ciononostante, molte app che non si presentano come videogame finiscono col condividere con gli stessi parecchi tratti distintivi. Anche le simulazioni dei giochi di carte o i simboli delle slot machine digitali riportano facilmente alla mente le situazioni tipiche di quando si deve prendere una decisione con il gamepad in mano. Un qualsiasi gioco virtuale può essere considerato ormai un videogioco.
D’altro canto, viviamo in un’era in cui anche i cartoni animati possono diventare dei videogame. Ne sa qualcosa la Bandai, nota per molti dei giochi che riguardano gli anime giapponesi, anche su mobile. Si tratta di titoli che faticano a perdere seguito e che continuano a macinare introiti da diverse generazioni. I più grandi appassionati di videogiochi conosceranno sicuramente anche Capcom, che ha dato vita alle serie di Mega Man e soprattutto di Street Fighter: il picchiaduro per eccellenza, l’esemplare per antonomasia di un genere di videogame balzato da anni agli onori della cronaca per l’accostamento degli esports alle Olimpiadi. Molte altre realtà più piccole, invece, sono diventate famose grazie a delle app che hanno rappresentato solo delle mode passeggere.