Il tarallo è da sempre simbolo della Puglia. Un umile cordoncino annodato su sé stesso a forma di anello fatto di ingredienti semplici. Ma qual è la sua storia?
È da pochi semplici elementi che nascono i tipici taralli pugliesi, un mix di acqua, farina, olio extravergine d’oliva, sale, vino bianco secco e semi di finocchio. Ideali per ricordare il sole di Puglia e le fragranze sprigionate da questi cordoncini irregolari a forma di anello, i taralli accompagnano bene un aperitivo e ogni altro momento della giornata in cui si ha bisogno di spezzare la fame.
I taralli: origini
Da dove viene a parola tarallo? Ci sono diverse ipotesi. Gli storici dicono derivi dal latino torrere, ossia abbrustolire. Altri sostengono la crasi tra l’italico “tar” e il franco “danal”, il pane arrotolato tipico delle Alpi. Ma più probabilmente le radici della parola tarallo sono nel termine greco “daratos”, che vuol dire specie di pane.
La ricetta dei taralli risale forse al 1400, un momento molto difficile per la Puglia. Al tempo la popolazione viveva una grande carestia. Una leggenda vuole che il primo tarallo fu impastato da una donna che un giorno, mise insieme farina, sale, olio extravergine d’oliva e vino bianco, per sfamare i propri figli. Anche se povera, nella dispensa pugliese non mancavano mai questi ingredienti. Fu così che creò un impasto appiattito in due strisce sottili, a forma di anellini. Dopo il riposo e l’asciugatura, li infornò, ottenendo quella ricetta che oggi li rende famosi nel mondo.
Come si è evoluta la ricetta?
Nel tempo alla preparazione dei taralli si è aggiunto un altro passaggio: quello della bollitura. Le massaie, che portavano ai forni cittadini i taralli da cuocere, mettevano in acqua bollente le loro povere creazioni, aumentandone la croccantezza. Si aggiunsero anche varie spezie, come i semi di finocchio. Secondo Felice Giovine, storico e fondatore dell’Accademia della lingua barese e del Centro Studi Baresi, i taralli nascono come creazioni casalinghe, e solo negli anni 50 divengono prodotti da panetteria. «Ogni zona ha i suoi taralli tipici, anche se fatti con gli stessi ingredienti. Possono essere circolari o avere una forma a otto», sottolinea l’esperto.
Il cibo di viaggiatori e pellegrini per eccellenza
Il tarallo era cibo di sostentamento per il povero popolo dei fondaci, che si garantiva la sopravvivenza attraverso gli scarti della panificazione cotti al forno. È quanto emerge nell’opera “Il Ventre di Napoli” di Matilde Serao. Tra Ottocento e Novecento, tuttavia, i taralli ebbero una nuova stagione e ne fu custodita in gran segreto la ricetta.
«In Terra di Bari quelli di Palo del Colle erano famosissimi – chiarisce Felice Giovine – i taralli erano utilizzati dagli ziazì (pellegrini) come cibo di sostentamento durante il lungo cammino che dalla Campania, Basilicata e Abruzzo li portavano verso Bari. Giungevano in Puglia a maggio per onorare San Nicola. Al collo portavano la cozza di San Giacomo quale sostegno per il lungo cammino».
Un dazio squisito: “tarall’e zzucchère”
Il tarallo e la religione sono da sempre strettamente connessi. Nelle processioni del Venerdì Santo c’erano file di carretti di venditori di frutta secca, semi di zucca, lupini. Erano gli “spassattìimbe” che comprendevano anche i venditori di taralli di dimensioni più grandi e ricoperti di glassa (scelèppe). Questa versione nuova non è altro che una rivisitazione del prodotto in chiave dolciaria. La gente che cercava indicazioni sul percorso della processione si rivolgeva a loro che in tutta risposta dicevano: «tarall’e zzucchère!», eloquente invito a ricambiare l’informazione con l’acquisto di uno dei loro prodotti. «Da allora – conferma Giovine – se qualcuno chiede una qualsiasi informazione ad un barese verace questi risponderà “tarall’e zzucchere”».
Una storia che continua ancora oggi
Panetterie, supermercati, bar, ristoranti: il tarallo oggi è presente dappertutto. Quello pugliese è inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.I.). Aziende come Fiore di Puglia, leader del settore agroalimentare di Corato (Ba), è sempre alla ricerca di varianti originali e di idee gustose per innovare questo storico prodotto della cultura gastronomica pugliese. Alle olive, al gusto pizza, con linee di prodotto artigianali e packaging sostenibile, il tarallo ancora oggi fa della versatilità il suo vero punto di forza.