Era cominciata con un bagno di folla, una festa che pareva l’ideale prosecuzione di quella celebrata a maggio per la promozione in serie B. La stagione in cadetteria per la Salernitana si era aperta come meglio non si sarebbe potuto chiedere: vittoria nel derby con l’Avellino in un Arechi da record e tutti sotto la curva a festeggiare i tre punti. Chi guardava già allora tra le pieghe di quel risultato e di quella prestazione, però, qualche crepa l’aveva scorta perchè la Salernitana aveva già in quella partita denotato limiti che il campo ha poi confermato nel prosieguo. Giusto che i tifosi festeggiassero e sognassero pure, doveroso sarebbe stato, però, per la società avere più lungimiranza ed esercitare quell’autocritica che ora sommessamente si comincia a fare. Il risultato, adesso, non è solo la deficitaria posizione di classifica, che sarebbe comunque rimediabile se la squadra avesse un’altra consistenza fisica, tecnica e soprattutto mentale, ma è la fine dell’idillio con i tifosi, certificato dallo striscione esposto ieri nei pressi dell’Arechi. Toni decisi, risoluti, inequivocabili, propri di chi ha perso la pazienza e si sente tradito, disonorato da prestazioni che non sono all’altezza delle aspettative. In pochi mesi la proprietà ha dissipato il clima di fiducia ed entusiasmo che si era instaurato in forza dei risultati conseguiti in quattro anni di gestione. Sarebbe bastato poco per far sì ciò non accadesse. Non è solo o non tanto una questione economica, perchè, come ha dimostrato il Crotone, secondo in campionato e meritevole di applausi anche a San Siro, nel match di Coppa Italia dal pronostico apparentemente segnato con il Milan, le idee e la competenza contano ancora tanto nel calcio. Un po’ meno superficialità, meno approssimazione in fase di allestimento della rosa avrebbero garantito risultati diversi anche spendendo meno di quanto sia stato fatto. I tifosi chiedono in primo luogo impegno alla squadra, ma anche a chi ne decide le sorti e, va detto, in estate tutto questo non c’è stato se non a sprazzi. Eppure, la B era realtà dal 25 aprile. Ed allora, perchè aspettare giugno inoltrato per giubilare Menichini ed ingaggiare Torrente? Perchè attendere il 31 agosto per ingaggiare un manipolo sparuto di under oltre a Coda e Rossi ed addirittura chiudere il cerchio per l’ingaggio di un portiere a metà settembre? Domande già più volte sottoposte all’attenzione di chi di dovere, ma ora non c’è neanche più la voglia ed il tempo di ascoltare risposte di circostanza. Società e squadra devono rimboccarsi le maniche per raddrizzare la barca e riconquistare l’affetto dei tifosi. Il campo è il luogo ideale per cominciare a farlo, ma la squadra andrà rivoltata come un calzino a gennaio. Da chi? Con quale allenatore in panchina? Sono queste le domande di più stretta attualità a cui Lotito e Mezzaroma devono rispondere non con le parole, ma con i fatti. Il tempo delle decisioni è maturo. Bisogna recuperare il tempo perduto in estate, senza più esitare. A Salerno il calcio è una cosa seria e difficile, ma anche estremamente gratificante. Onori ed oneri, in fondo, vanno messi nel conto.
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