Si decide di non decidere, navigando a vista come da tempo succede. La Salernitana è un arcipelago, formato da isole ben distinte e distanti tra loro. Naufraghi che cercano una zattera su cui salire, per salvare se stessi e il proprio ego, la propria immagine, anche i propri diritti acquisiti. La Salernitana è ultima, affonda, annaspa, è con la testa sott’acqua, ma nessuno è disposto a tuffarsi nel mare in tempesta per provare a salvarla. Questa mattina al Mary Rosy non c’era il presidente Iervolino, che ieri sera ha evitato di incontrare gli ultras mandando avanti come ambasciatore il mite ad Milan. Eppure, solo qualche giorno fa, il patron aveva tenuto a rapporto la squadra. Non c’era neanche il ds De Sanctis, segnalato a Roma per l’ennesimo summit col presidente che tiene in caldo Pasquale Foggia, reduce dall’ennesima notte sulla graticola, come se in campo fosse andato lui. No, di certo. In campo va la squadra, ma va anche l’idea, la mentalità, il senso di unione e di appartenenza che ai calciatori dovrebbe essere trasmesso dal presidente, dal direttore sportivo e da tutti gli altri dirigenti. In campo va la squadra che è stata costruita in estate, principalmente al risparmio, senza margini di manovra e con tanti paletti, condizione che aveva suggerito a De Sanctis di dare le dimissioni, respinte dal presidente che, però, non ha voluto sentire ragioni. Il mercato doveva essere impostato su scommesse, su calciatori seguiti sì, ma non inseriti nella lista delle prime scelte, perché dal lavoro dell’area scouting, che da mesi non è più autorizzata a viaggiare per cercare talenti in giro per il mondo, erano emersi almeno cento nomi, nessuno dei quali approvato per costi o per altri motivi dalla proprietà e dalla schiera di consiglieri di cui si circonda. La Salernitana non ha un’anima e la cosa non stupisce perché riflette l’immagine del club. Non c’è molto altro da dire. La squadra ieri avrebbe dovuto mangiare l’erba ed invece è entrata in campo nervosa, contratta, non pronta. Modulo e uomini, quindi le scelte di Inzaghi, non hanno certo reso come negli auspici del tecnico che ha sicuramente avuto una lettura non molto ispirata. Resta il rammarico per la tardiva reazione finale, fatta di nervi e palloni lunghi e non certo poggiata su idee di gioco che avrebbe potuto portare in dote quanto meno il pari. Sarebbe stata la giusta punizione per un Bologna presuntuoso, che ha pensato solo ad istigare nella seconda parte della ripresa. Ecco, questo è ciò che brucia di pi: vedere squadre di onesti pedatori, che si permettono il lusso di irridere, provocare, passeggiare sulle macerie di una squadra che non riesce a dare un senso a questa stagione. Questo brucia ai tifosi, questo dovrebbe far divampare un falò nell’anima del presidente Iervolino ed indurlo a mettere mano alla tasca per dare forza ad Inzaghi, l’allenatore da lui voluto, e consentirgli di poter lottare ad armi pari con le altre rivali. Si sgombri il campo da alibi, equivoci e falsi miti. Si guardi la classifica, si provi un po’ di vergogna dinanzi ai freddi numeri e si dimostri coi fatti che si vuol invertire la rotta. La richiesta degli ultras e quella odierna del Centro Coordinamento di un incontro con la proprietà sono la testimonianza del fatto che la tifoseria soffre e continua nonostante tutto a sperare. Ora più che mai tocca alla società dare risposte forti, tirando fuori gli attributi e le risorse finanziare adeguate. La serie A va salvata a tutti i costi e sicuramente non si può arrendersi ora, senza nemmeno provarci. Servono, però, decisioni forti e coerenti.
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