La Salernitana un mese fa vinceva a Verona e si rilanciava in zona salvezza. Il mese di gennaio avrebbe potuto regalare ai tifosi granata un cambio di passo che non c’è stato. Nessun punto conquistato, quattro sconfitte quasi in fotocopia e sempre con lo stesso beffardo risultato di 2-1 per gli avversari di turno, un mercato senza slanci come la proprietà aveva lasciato intendere con l’unica variazione rappresentata dalla presenza di Sabatini che sta comunque provando ad andare oltre le difficoltà, senza uscire dai paletti fissati nel terreno dal presidente Iervolino. Quando una squadra affronta il campionato di massima serie senza disporre di un vero centravanti e commettendo tanti errori individuali, alcuni davvero capitali come i falli di mano nella propria aerea di rigore, è chiaro che non si possa sperare di raccogliere chissà quali risultati. Se poi ad infortuni, squalifiche e limiti e carenze della rosa, si aggiungono anche dubbie decisioni arbitrali e qualche scelta non proprio ispirata dell’allenatore, il quadro è completo. La partita di ieri non fa che aumentare i rimpianti e le colpe. Da una parte, una Roma senza idee e con gli attaccanti privi di verve sarebbe stata facilmente domabile da una squadra appena appena più acuminata in attacco, dall’altra proprio le croniche lacune dell’organico inchiodano ancor di più alle proprie responsabilità la proprietà che ha provato a centrare la salvezza con calciatori non pronti per l’impresa. Per ogni compito, bisogna essere attrezzati. Senza gli strumenti idonei, non si può fare molto. Se non sperare nei miracoli. Ieri, nel primo tempo, Di Bello ha fermato con un fischio avventato un contropiede della Salernitana che, però, già prima ne aveva avuti un paio non sfruttati a dovere. La mancanza di Dia s’è sentita moltissimo ieri sera, ma non ci si può ridurre ad aspettare un calciatore, per quanto forte, che è praticamente mancato tutta la stagione. Sarebbe stato necessario aggiungere all’attacco granata almeno un altro elemento un po’ più pronto ed in grado di incidere. Non è detto che si sarebbe dovuto spendere una cifra fuori portata, ma, certo, pensare che quasi a costo zero si possano ingaggiare giocatori decisivi è un pensiero ardito. Ikwuemesi era una quarta scelta e prendersela col calciatore non avrebbe senso. Così come criticare Lovato o Daniliuc, che ieri sono scesi in campo sapendo che da oggi avrebbero cambiato casacca, sarebbe ingeneroso. In generale, prendersela con questo o quel calciatore sarebbe sbagliato, perché l’ultimo posto in classifica è figlio di scelte sbagliate al vertice della piramide di cui la squadra è espressione, emanazione, immagine che viene restituita da un ideale specchio. Ecco, lo specchio. Il presidente Iervolino dovrebbe specchiarsi negli occhi dei tifosi che non mollano, pur rendendosi conto della situazione complicata in campo ed avendone ben compreso le ragioni. Poi, certo, sul campo si può sbagliare ed anche in panchina l’errore è dietro l’angolo. Inzaghi ha inserito giocatori freschi, facendo arrabbiare i tifosi per aver sostituito Basic, che aveva dato ottime risposte fino a quel momento. Forse, in quella situazione, si sarebbe potuto tentare qualcosa di diverso come far uscire Simy e giocare con un attacco senza un vero centravanti, anziché rimanere ancorati ad una visione schematica del calcio nella quale, però, si è comunque chiesto a Tchaouna di fare l’esterno destro, posizione in cui sia nel derby di andata col Napoli sia ieri sera ha contribuito con errori di inesperienza a far subire il raddoppio degli avversari. Stavolta, però, la squadra ed Inzaghi hanno reagito. I successivi cambi, gli opportuni aggiustamenti, la classe di Candreva e la qualità di Kastanos: così la Salernitana ha provato a riprendere una partita che non ha meritato di perdere e su cui pesa pure una valutazione forse troppo buonista del Var e dell’arbitro nell’occasione del fallaccio di Pellegrini su Sambia alla fine del primo tempo. La Salernitana a gennaio non ha mosso la classifica quando, senza dubbio, avrebbe potuto portare a casa quattro pareggi. Anche qui, però, bisogna essere onesti. Se alla fine non fai punti, qualche limite e qualche errore c’è o c’è stato. Vietato mollare, però. Ci sono ancora sedici partite e qualche ora di mercato. Il presidente saprà cosa si dovrà fare per raddrizzare la stagione e chiuderla senza rimpianti. La serie A è gratificante per i tifosi, ma è certamente un patrimonio ancor più prezioso per una società.
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