Quattro misure cautelari e sequestri preventivi per un ammontare di 490.198,62 euro. È il resoconto dell’operazione “LA GIOSTRA SI È FERMATA” guidata dalle fiamme gialle di Pesaro.
La complessa attività di indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Pesaro, è stata inizialmente intrapresa nei confronti di una società a responsabilità limitata con sede formalmente dichiarata a Pesaro, beneficiaria di finanziamenti agevolati e garantiti dallo Stato e dall’Unione Europea riconducibile a una persona che risultava amministratore e socio unico.
Ulteriori indagini hanno permesso di accertare l’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di individuare ulteriori casi analoghi a favore di altre società con sedi legali nelle province di Ravenna e Bolzano. Il quadro complessivo che si è delineato a carico degli indagati ha fatto emergere ben 15 casi di truffa aggravata e ha permesso di bloccare illecite richieste di finanziamenti pubblici, erogati con fondi del P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), per oltre 15 milioni di euro, che sarebbero stati stanziati da SIMEST (società partecipata da Cassa Depositi e Prestiti).
Gli indagati avevano escogitato un modus operandi che era riuscito a superare anche i controlli operati dagli Enti eroganti. Creavano o rilevavano delle società di capitali che, di fatto, erano scatole vuote, prive di qualsiasi operatività mantenute in vita appositamente per frodare gli Enti preposti all’erogazione del denaro pubblico.
Le società utilizzate, di fatto, non avevano mai presentato le prescritte dichiarazioni fiscali, alcune addirittura da oltre 20 anni, ma gli indagati si premuravano di creare “a tavolino” almeno due bilanci d’esercizio totalmente falsi che esponevano ricavi milionari, li depositavano telematicamente al Registro Imprese, realizzando così il delitto di false comunicazioni sociali. Presentavano poi a SIMEST una serie di richieste di finanziamenti – in parte anche a fondo perduto – garantiti dallo Stato e/o con fondi europei, motivandoli con un’asserita volontà di internazionalizzare l’impresa, sviluppare il commercio elettronico o per l’inserimento nei mercati esteri.
Attraverso la comunicazione delle suddette informazioni mendaci, che hanno indotto in errore il soggetto gestore delle risorse, riuscivano a ottenere una prima erogazione dei finanziamenti che immediatamente venivano distratti dai conti correnti societari attraverso sistematici prelievi in contanti agli sportelli bancari automatici (ATM) nonché tramite bonifici bancari a favore anche di altri soggetti (persone fisiche e società) estranei alla compagine sociale, ponendo in essere così sia il delitto di malversazione di erogazioni pubbliche che il delitto di autoriciclaggio.
Le ulteriori investigazioni sono state determinanti per individuare una “regia tecnica” realizzata che si ritiene essere stata svolta da un commercialista che si è prodigato attivamente per la realizzazione a “tavolino” dei bilanci milionari falsi, per la loro trasmissione e deposito al Registro Imprese, per alterare sia i contratti con i fornitori (anch’essi inesistenti e messi a disposizione dallo stesso commercialista), sia gli estratti conto bancari propedeutici all’ottenimento delle tranche successive di denaro, che solo il tempestivo intervento della Procura Europea e della Guardia di Finanza ne ha impedito l’erogazione.
Gli altri tre indagati, un faccendiere ed un commercialista di Salerno ed un altro soggetto di Cava de’ Tirreni, sono soggetti da sempre privi ufficialmente di reddito e di capacità economico/finanziaria, che non svolgono alcun effettivo impiego di lavoro, ma sono costantemente alla ricerca di nuovi business illeciti da realizzare, coscienti del fatto che “se si ferma la giostra voglio vedere cosa facciamo”, come asserito più volte dagli indagati nel corso delle intercettazioni, determinanti per la contestazione delle condotte criminali.