VISCONTI: “ECONOMIA ITALIANA CRESCE GRAZIE AL SUD. POLITICA FACCIA LA SUA PARTE E RISOLVA CRITICITÀ”

Nonostante i ben noti limiti strutturali, negli ultimi 10 anni l’economia del Mezzogiorno si è mossa in linea con quella dell’intero Paese, sebbene con oscillazioni più ampie. In particolare, nel periodo successivo alla pandemia, il Mezzogiorno ha conseguito risultati migliori di quelli dell’intera economia italiana. Un trend spesso sottovalutato che, però, per Antonio Visconti, presidente Ficei (Federazione italiana consorzi enti industrializzazione) e numero uno dell’Area di sviluppo industriale di Salerno, rappresenta il punto di partenza per un nuovo New Deal meridionale.

“Tra il 2019 e il 2023 il Pil è aumentato del 3,7 per cento, contro il 3,3 nelle altre regioni; le esportazioni sono cresciute del 13 per cento, contro il 9% del Centro Nord. L’occupazione è salita del 3,5 per cento, a fronte dell’1,5 nel resto del Paese”, spiega. “Il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali. Anche e soprattutto nell’interesse del Nord, di cui il Mezzogiorno è il principale mercato di sbocco, occorre dare continuità alla ripresa dell’economia meridionale, sostenendo e rafforzando queste tendenze, con investimenti e qualità dell’azione pubblica”.

Il Sud, insomma, conviene. Anche ora che le fibrillazioni internazionali (Ucraina e Medio Oriente) spaventano per la più che probabile febbre dei prezzi. “Le regioni meridionali garantiscono condizioni di stabilità geopolitica ed economica, anche grazie all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, spiega ancora Visconti. “Rispetto alle destinazioni tradizionali della delocalizzazione produttiva, le regioni del Sud sono collocate in prossimità dei maggiori centri economici europei e al crocevia del Mediterraneo, attraverso cui transita un quinto del traffico marittimo internazionale. Inoltre, esse sono dotate di una forza lavoro sottoutilizzata e di poli scientifici di qualità e rappresentano uno sbocco con 20 milioni di abitanti”. Un segmento di mercato su tutti può rappresentare il paradigma di questo nuovo modello sudista: “L’Italia meridionale offre evidenti vantaggi nella produzione di energia rinnovabile: tra il 2007 e il 2022 la capacità produttiva in questo settore è quadruplicata, passando dal 26 al 40 per cento del totale nazionale”.

A ciò si aggiungano i miliardi del Pnrr (“Una misura significativa che, insieme ai fondi strutturali e al Fondo sviluppo e coesione, mette a disposizione nel decennio finanziamenti nell’ordine del 5% del Pil meridionale, ben superiore al 3% della Cassa del Mezzogiorno”) e la Zes (“può contribuire a rafforzare il coordinamento tra diversi livelli di governo e con le altre politiche nazionali e ad attrarre finanziamenti dall’esterno”).

Per questo, avverte Visconti, bisogna intervenire sulle aree di criticità che rischiano di rallentare la ripresa come le “inefficienze della giustizia civile e della rete infrastrutturale”, la “vetustà e l’inadeguatezza delle reti idrica ed elettrica” oltre al “potenziamento della banda larga”.

Autore dell'articolo: Barbara Albero