L’ossigenoterapia è un trattamento che, come facilmente si può intuire dalla terminologia, si basa sulla somministrazione di ossigeno medicale. Il suo obiettivo principale è quello di riportare entro il range di normalità i livelli di saturazione di ossigeno nel sangue quando questi sono eccessivamente bassi.
Si ricorda che i corretti valori di saturazione di ossigeno nel sangue (SpO₂) sono compresi tra il 95 e il 99-100%. Qualora si riscontrino valori molto più bassi è necessario effettuare indagini diagnostiche che rivelino le cause alla base del problema.
Tra i dispositivi medicali con i quali è possibile somministrare l’ossigeno terapia si ricordano i concentratori di ossigeno, utilizzabili per la gestione di varie condizioni mediche acute e croniche.
Saturazione di ossigeno: quando è troppo bassa?
La saturazione di ossigeno è un parametro con cui si indica la quantità di emoglobina nel sangue che è legata all’ossigeno rispetto alla quantità di emoglobina disponibile. Misurare la saturazione di ossigeno non è difficile; lo si può fare anche in ambito domestico con un piccolo apparecchio denominato pulsiossimetro (che in genere mostra anche la frequenza cardiaca).
Si parla di saturazione bassa quando il valore scende al di sotto del 90%; è una condizione che richiede attenzione medica perché livelli troppo bassi hanno implicazioni significative per la salute.
Quali condizioni patologiche sono alla base di una bassa saturazione?
Le cause di una saturazione di ossigeno eccessivamente bassa sono svariate; può trattarsi di condizioni patologiche acute o croniche. Fra le cause più frequenti si ricordano in particolare la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), l’enfisema polmonare, la bronchite cronica ecc., tutte condizioni che limitano lo scambio gassoso a livello polmonare. Anche l’asma, nel caso di un attacco acuto, può determinare un rilevante abbassamento dei livelli di saturazione.
Altre possibili cause sono le polmoniti – sia batteriche che virali -, le cardiopatie congenite, lo scompenso cardiaco, l’embolia polmonare, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, l’intossicazione da monossido di carbonio ecc.
Tra le principali manifestazioni di una saturazione troppo bassa si ricordano principalmente dispnea, tachicardia, difficoltà a concentrarsi, confusione mentale, mal di testa, debolezza generalizzata, vertigini, cianosi (nei casi più gravi) ecc.
Il ricorso ai concentratori di ossigeno
In molte situazioni in cui i livelli di saturazione di ossigeno sono acutamente o cronicamente bassi si può ricorrere ai concentratori di ossigeno, dispositivi portatili o fissi grazie ai quali è possibile somministrare ossigeno medicale.
Il loro funzionamento può essere così riassunto: aspirano l’aria dall’ambiente (una miscela composta per lo più da azoto e ossigeno), la passano attraverso un setaccio che adsorbe l’azoto, ma lascia passare l’ossigeno; questo finisce all’interno di un contenitore dal quale viene estratto e somministrato al paziente tramite una cannula o una maschera. L’ossigeno medicale ha una purezza che va dal 93 al 96% circa. Grazie a questi apparecchi, quindi, è possibile ripristinare i corretti valori di saturazione.
La durata della terapia con i concentratori di ossigeno dipende ovviamente dalla condizione che viene trattata. Nel caso di malattie croniche come la BPCO, il trattamento deve essere effettuato praticamente vita natural durante, mentre nel caso di patologie acute, come per esempio una polmonite batterica, la terapia durerà fino al momento della guarigione.
A seconda delle necessità dei pazienti, si hanno a disposizione concentratori di ossigeno portatili (i più piccoli e comodi e usabili anche in ambienti esterni), trasportabili (più grandi dei precedenti, ma trasportabili da una stanza all’altra) e fissi (i più idonei nei pazienti di lungodegenza domestica).