Atteso da tempo è arrivato il giudizio della Consulta sulla costituzionalità della Legge Severino. Secondo i giudici della Corte Costituzionale le misure di incandidabilità, decadenza, sospensione per gli amministratori locali previste dalla legge Severino hanno “natura non punitiva” e quindi non sono assoggettabili al “principio di irretroattività valido per le pene e per le misure amministrative di carattere punitivo-afflittivo”. e ancora, la consulta stabilisce che le diverse misure previste dalla norma per i parlamentari e amministratori di enti locali configurano una disparità di trattamento, perché queste figure operano a un diverso “livello istituzionale e funzionale”. Respinti anche i rilievi sull’eccesso di delega. Con queste motivazioni la Suprema Corte ha dunque rigettato in parte come inammissibili e in parte come infondate le questioni di legittimità sollevate sulla legge Severino dalla Corte d’appello di Bari, in relazione alla posizione del consigliere regionale Fabiano Amati e dal Tribunale di Napoli in relazione al presidente della Regione Vincenzo De Luca, entrambi incappati nelle maglie della famelica legge Severino ed entrabi ricorrenti contro la costituzionalità della stessa. Commento amaro quello dell’avvocato Pellegrino, del Movimento difesa del Ciottadino, secondo cui, in virtù di quanto stabilito dal Severino l’attuale presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, non aveva all’epoca dei fatti i titoli per potersi insediare. Va, però, aggiunto che il giudizio di condanna di De Luca, in primo grado, per la vicenda termovalorizzatore, di qui la tagliola della Severino, è stato poi ribaltata in apello, quando l’attuale Governatore è stato assolto.
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