Alberto Bollini è già un uomo solo e, forse, neanche tanto al comando. La solitudine è compagna di viaggio di ogni allenatore, legato ai risultati e per questo sempre in bilico. Se dopo tre giornate l’allenatore è già sulla graticola, però, questa situazione non può che essere colpa della società. O perché ha scelto un allenatore non adatto o perché non ha saputo costruire una squadra secondo le sue esigenze. La solitudine di Alberto Bollini non è cosa di oggi, non è figlia della sconfitta di Carpi, ma viene da lontano. Non sfuggirà ai più attenti che il rinnovo del tecnico granata sia giunto solo dopo due appuntamenti a Villa San Sebastiano finiti col nulla di fatto per il ritardo di Lotito e perché, si disse, mancavano i timbri per vidimare il nuovo accordo. Tanto che il tecnico fu costretto a recarsi in sede, a Salerno, per ratificare il tutto. La forma ha la sua importanza e, a voler leggere tra le pieghe, già questo temporeggiare per sancire una riconferma che appariva scritta poteva far nascere dei sospetti. A sgomberare il campo dai dubbi ha provveduto il mercato, condotto in senso opposto ai desideri ed alle richieste del tecnico e la prova provata di ciò è che dopo tre partite dalla proprietà e dalla direzione sportiva siano stati mossi appunti di natura tattica e comportamentale allo scopo di delegittimare l’allenatore. Due punti in tre partite potrebbero sembrare pochi ed invece non lo sono perché la Salernitana ha rischiato di perdere in casa con la Ternana, contro cui è stata tre volte sotto, ed a Venezia non ha subito gol anche per un pizzico di buona sorte. Tirare in ballo le occasioni da gol mancate è come darsi la zappa sui piedi perché la sfortuna c’entra fino ad un certo punto, ma è la qualità a fare la differenza. Se Malcore, che lo scorso anno militava in serie D nel Manfredonia, è stato più freddo e preciso di Gatto o Rodriguez sotto porta, la colpa non è della sfortuna né di Bollini che ha fatto quello che rimarca sempre Lotito, cioè ha messo in campo i calciatori che la società gli ha messo a disposizione. Prendersela con questi ultimi è ingeneroso, semmai sarebbe opportuno domandare a chi li ha ingaggiati la ratio tecnica di certe scelte. Gatto non è in condizione, Di Roberto ancor meno, Sprocati va centellinato, Rosina è fermo ai box, Alex è stato bocciato, Kadi deve maturare e per questo è stato prestato alla Primavera: insomma, il tecnico non aveva troppa scelta e lo dimostra il fatto che, dopo un imbarazzante balletto estivo, ora la Salernitana pare decisa ad ufficializzare Cicerelli. E che dire di Signorelli, testato in Coppa contro l’Alessandria e poi relegato in panca mentre davanti alla difesa c’è un valzer di centrocampisti che si adattano e che, almeno volendo interpretare il pensiero del tecnico, sono tutti più in forma dell’ex Ternana, che ha collezionato appena trenta presenze nelle ultime due stagioni in cadetteria? La solitudine di Bollini, avvisato da Lotito e già scaricato da Fabiani, è la stessa di Torrente e Sannino, cui sono state consegnate squadre fatte con poca logica perché poco rispondenti alle loro idee tattiche, ed è una solitudine con cui solo Menichini, presente in tribuna a Carpi, ha saputo convivere, forte della sua maggiore esperienza e dei risultati. A Carpi Bollini ha perso una partita che è andata esattamente come si temeva: perché la Salernitana ha giocato ma è stato il Carpi a colpire in maniera letale, sfruttando al massimo le sue prerogative di squadra organizzata e tignosa. Ora Bollini e la squadra sono già al bivio e sabato contro il Pescara sarà una prova d’appello. Per tutti, ma non proprio.
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