Sembrava un limite, e non a caso Bollini era finito nel mirino della critica, la si sta scoprendo grande ed impagabile virtù, il valore aggiunto di una squadra capace di passare agli archivi un mese di ottobre da record. La capacità della Salernitana di cambiare pelle e modulo di partita in partita ed anche nella stessa gara (una, due anche tre volte) è l’arma migliore a disposizione del tecnico mantovano e tornerà utilissima anche contro il bari affrontato in clamorosa emergenza formazione, vista e considerata la catastrofe difensiva che ha colpito il tecnico mantovano. Come sembrano lontani i giorni in cui da Claudio Lotito per finire all’ultimo dei “curvaioli”, passando per Mezzaroma e Fabiani, al tecnico granata si contestava una certa schizofrenia tattica che finiva con il penalizzare il roster a sua disposizione. “Cambia troppe volte sistema di gioco” e ancora “non riesce ad impiegare i calciatori secondo le loro caratteristiche”, si diceva a prescindere dal risultato. Gli altri parlavano e Bollini, attento agli equilibri dello spogliatoio piuttosto che a quelli esterni, lavorava sodo su un concetto abbastanza innovativo perché accantonata definitivamente l’idea di giocare con il “4-3-3”, inventava qualcosa in grado di valorizzare quella che era un’inconfutabile prerogativa del suo gruppo: lo spirito di squadra, la capacità di saper soffrire e adattarsi all’avversario. Ecco allora sperimentare la difesa a tre, testare anche le capacità difensive di Vitale, valutato sempre per le sue capacità di spinta, immaginare una collocazione diversa per i tanti esterni a disposizione, utilizzandone qualcuno a tutta fascia e via di questo passo… Ed è così che la Salernitana 4.0 di Bollini, archiviato gli sterili discorsi tattici di inizio stagione, i numeri, i moduli è diventata squadra. E’ il “laboratorio” Bollini, tecnico che dalle difficoltà ha saputo tirar fuori elementi e qualità insospettabili, difficili da pronosticare fino a poco tempo fa ed oggi, che contro il Bari potrebbero trovare la definitiva consacrazione mettendo i patron Lotito e Mezzaroma nelle situazione, forse anche un po’ scomoda, di dover seriamente cominciare a pensare al futuro del club.
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