Sono stati rilevati 786 eventi critici in un anno, 94 scioperi della fame, 136 casi di autolesionismo
FINO A 7 DETENUTI IN 3 MQ. LA VERGOGNA DEL CARCERE DI SALERNO. DETENUTI SENZA DIRITTI.
La struttura in sovraffollamento del 135%, è in sottorganico di 70 unità e conta 1 educatore ogni 90 detenuti
Potere al Popolo denuncia le condizioni esistenziali inaccettabili in cui versano i detenuti della Casa Circondariale di Salerno nell’indifferenza dell’amministrazione penitenziaria, la cui direzione è affidata a Stefano Martone. A seguito della nostra visita all’interno della struttura, è stato rilevato un sovraffollamento medio stimabile intorno al 135% rispetto al numero di posti previsti, con un sottorganico di circa 70 unità, per una struttura che solo 15 giorni fa ospitava 164 detenuti in più della capienza massima prevista pari a 367 persone, dati confermati dal Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria. Il numero di ospiti a fine novembre è pari a 531 persone, di cui 398 sono uomini di nazionalità italiana, 52 donne e 81 stranieri. Secondo i dati denunciati anche dall’Associazione Antigone, Osservatorio di Detenzione, nelle celle si è raggiunta anche la presenza di 7 detenuti in 3 mq. Sono stati rilevati 136 casi di autolesionismo nel 2017 e 2 morti. Recentemente i detenuti si sono sottoposti per 94 volte allo sciopero della fame per denunciare le condizioni di vita all’interno del carcere. Si contano circa 786 eventi critici in riferimento a manifestazioni di protesta, autolesionismo, infortuni accidentali, perquisizione straordinaria, atti di oppressione, colluttazione, danneggiamenti ai beni dell’amministrazione, scioperi collettivi per protesta contro l’amministrazione, tentato suicidio, isolamento, incendio doloso.
Nella casa circondariale di Salerno gli spazi vitali sono ridotti all’osso. Costruito nell’80 e attivo dall’81 il carcere di Fuorni, in barba a tutte le pronunce CEDU di condanna dell’Italia per trattamenti inumani, urge di ristrutturazioni importanti: le condizioni delle celle di detenzione sono quelle di una favela brasiliana, in cui alle donne da quasi due mesi è impossibile lavarsi per mancanza assoluta di acqua calda all’interno del reparto femminile; tutta la rete idrica dovrebbe essere rimodernata ma non lo è per carenza di fondi statali adeguati. Tutti i lavori di ristrutturazione o riparazione sono affidati esclusivamente alle capacità dei detenuti “lavoranti” non essendo possibile appaltare a ditte specializzate sempre per carenza di fondi. Una struttura in cui le donne non possono usufruire di una cucina, di nessun progetto di scolarizzazione o avviamento al lavoro, di un’adeguata cura per le loro malattie.
Le celle visitate sono apparse molto piccole, circa 3 mq, in difformità dai 6 mq calpestabili per detenuto previsti dagli standard del CPT. I bagni sono stretti e sporchi, alcuni senza doccia all’interno. Non tutti i bagni della struttura hanno la finestra, quelli che non ce l’hanno sono provvisti di aeratore. Le finestre – nelle celle visitate – sono piccole e alte, alcune non lasciano passare abbastanza luce. Non ci sono spazi per la socialità e le aree per i colloqui e la palestra sono ambienti piccoli. L’idea – a detta degli operatori – è stata quella di ridurli per creare più stanze.
Quanto al personale, le unità di polizia penitenziaria prevista è di 235 agenti ma risultano effettivamente in servizio 193 guardie in un rapporto di 2,6 detenuti per ogni agente; gli educatori sono 4 a tempo pieno invece degli 8 previsti da pianta organica per un rapporto di 90,4 detenuti per ogni educatore.
Potere al Popolo denuncia con forza tutto questo, ed è vicino ai detenuti e alle loro famiglie. Il carcere dovrebbe essere luogo di riabilitazione, e non luogo dove seppellire, torturare e poi dimenticare il diverso, o chi ha sbagliato. Perché ogni reato è spesso un segno del fallimento dello Stato, un frutto della povertà e dell’abbandono in cui lo Stato stesso lascia i suoi figli, sopraffatti dal capitale, dal mercato, dalla solitudine.