Sarebbe stata la sua partita ed avrebbe avuto un sapore speciale: Stefano Colantuono non sarà un semplice spettatore della gara del Curi in cui si affronteranno due squadre che ha allenato e a cui è rimasto molto legato. A Perugia ha sfiorato la serie A in una stagione difficile per il precipitare degli eventi da cui fu travolto Gaucci e per la qualità altissima di un campionato che vide arrivare a quota 74 Torino, Empoli e Perugia, tutti superati di misura dal Genoa, retrocesso d’ufficio in C per la famigerata compravendita della gara col Venezia. I sogni, si sa, non sempre possono essere chiusi in una valigia. Nella sua, quando è andato via da Salerno, Colantuono ha messo dentro ricordi belli e brutti, ma anche una lezione: i veri amici non sono certo quelli che ti adulano quando vinci e ti scaricano alla prima difficoltà. Una lezione che Colantuono ha ripassato più che imparato perchè nel calcio come nella vita i finti amici sono una costante. La sua Salernitana non rubava l’occhio e più e più volte lo abbiamo detto, auspicando più coraggio e più gioco perchè non si poteva pensare di restare in alto continuando a fornire prestazioni senza contenuti tecnici. Forse, in cuor suo, Colantuono sapeva ciò che tra le pieghe qualche volta ha fatto capire: che questa Salernitana non potesse essere diversa da com’era, perchè i calciatori di qualità erano corpi estranei, belli senz’anima, e, quindi, bisognava andare in guerra con quel che si aveva, ossia difesa attenta e palle inattive per colpire. Dopo la vittoria con lo Spezia, il tecnico laziale fu sommerso dai fischi di gran parte dei tifosi e, forse, dopo quasi tre mesi dal suo addio, quei fischi, oggi, li avrà riconsiderati perchè non provenivano dai finti amici. Testa, cuore e pancia non sempre vanno nella stessa direzione, ma chi allora lo contestava, in fondo, voleva come avvisarlo, ma non sempre allenatore avvisato è mezzo salvato. Colantuono è stato scaricato, isolato, per questo è andato via. Le sue colpe restano, sia ben chiaro, ma resta anche una certezza inscalfibile: non era e non è l’unico responsabile perchè i fatti, il mercato di gennaio con i tentativi dell’ultimo minuto di portare in granata alcuni calciatori, dimostrano e confermano che la rosa allestita in estate avesse carenze e lacune. La pressione, le critiche, i rilievi sulla sua gestione tecnica fanno parte del gioco e non possiamo credere che sia stato per questo che abbia deciso di farsi da parte. La verità sta altrove e chissà se a qualcuno dei protagonisti, un giorno, verrà voglia di raccontarla.
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