LA SALERNITANA A CACCIA DELLA VITTORIA SALVEZZA: BATTERE IL CARPI PER NON SOFFRIRE

Serve la vittoria alla Salernitana per affacciarsi al mese di maggio senza tremori ed affanni. La gara di domani con il Carpi è diventata una sorta di assicurazione sulla vita per la squadra granata che deve ricavare il massimo della posta in palio dal confronto con la sua bestia nera. Mai, infatti, la Salernitana ha ottenuto punti contro gli emiliani nei cinque precedenti in campionato, ma domani bisognerà invertire la tendenza, aprire quanto meno una sorta di parentesi nella storia dei precedenti con i biancorossi, per poter chiudere il discorso salvezza. A quota 41 punti, infatti, la Salernitana potrebbe sentirsi in salvo e, comunque, avrebbe un’ultima gara interna, quella del 5 maggio col Cosenza, per mettere in cascina quei punti che, eventualmente, dovessero ancora essere necessari per chiudere definitivamente il discorso. Dopo la sconfitta di Brescia, Gregucci ha alzato la voce mentre i tifosi sono rimasti distaccati ed indifferenti, stanchi del solito copione che, a scadenze regolari, prevede anche l’ingresso in scena della piazza. Stavolta, però, nemmeno la decisione di aprire le porte mercoledì pomeriggio per la seduta del Volpe ha sortito gli effetti sperati. Se la Salernitana deve ancora salvarsi a questo punto della stagione è chiaro che le colpe siano da ascriversi a tutti. La società ha lavorato male, non essendo riuscita a costruire una rosa competitiva e la squadra, dal canto suo, non è riuscita ad essere costante e a superare anche i suoi limiti oggettivi. Il discorso strettamente tecnico è solo un lato della medaglia, uno dei fattori che hanno reso il campionato del centenario brutto ed anonimo, al punto da portare al picco di disaffezione e disinteresse. L’altro lato della medaglia è la mancanza di una linea ben precisa, di un obiettivo dichiarato da chi è al vertice del club e per il quale sia stato dato un impulso preciso. La proprietà non si è sbattuta più di tanto nel momento in cui la Salernitana di Colantuono ha cominciato a dare segni di crisi, non volendo affrontare i problemi più profondi e limitandosi a prendere atto delle dimissioni del trainer di Anzio ed a risolvere la vacatio in panchina con il ritorno di Gregucci, a sua volta poco convinto e convincente, deluso dal mancato rafforzamento della squadra a gennaio, cosa di cui, però, solo pochi potevano meravigliarsi. Insomma si è scelto di vivacchiare, tirando i remi in barca e la gente, la stragrande maggioranza della tifoseria, lo ha capito con largo anticipo. E se oggi la società lamenta un netto calo di introiti al botteghino deve prendersela solo con se stessa. Ora si deve portare a casa la salvezza, ma fin d’ora si deve pensare a costruire un progetto credibile per il futuro, altrimenti l’Arechi rischia di restare una splendida cattedrale nel deserto.

Autore dell'articolo: Nicola Roberto