Una quarantena non solo a parole. Quaranta e più giorni ormai sono trascorsi ed il nemico silenzioso è ancora in agguato. Dopo aver vinto in avvio molte battaglie, giocando sul fattore sorpresa, ora pare meno imprevedibile e di conseguenza più controllabile, anche se, per conseguire la sospirata vittoria finale,
bisognerà impegnarsi ancora a fondo. Tutti. Dalla mattina dello scorso otto marzo, niente è stato uguale a prima. La notte precedente sarà ricordata come quella dell’assalto ai treni a Milano ed in tutto il nord Italia da dove chi aveva parenti al sud scappava con la falsa convinzione di mettersi al riparo. Un errore figlio della paura, grazie al quale il virus si è fatto strada anche sotto il Rubicone. Per fortuna, pare, non ha rotto gli argini, grazie a decisioni forti e comportamenti nella stragrande maggioranza dei casi responsabili. Abbiamo fatto appena in tempo ad omaggiare le donne delle mimose, ma non abbiamo potuto festeggiare i Giuseppe ed i papà con le zeppole di rito perché nel frattempo bar e pasticcerie sono state chiuse. La pizza rigorosamente fatta in casa, come i dolci. E c’è chi ha ripreso o imparato a fare anche il pane sotto il proprio tetto. Neanche la Pasqua è stata la stessa di sempre con le chiese chiuse e le messe e riti in tv. Da settimane non ci si stringe la mano, niente abbracci e baci perché ora ci proteggiamo con guanti e mascherine che per strada ci rendono stranieri anche ad occhi amici. In questi quaranta giorni di quasi totale clausura, però, il tempo non si è fermato, semmai è trascorso più lento: ognuno ha avuto la possibilità di riflettere, di riscoprire la sua natura più profonda, di ripristinare un dialogo con le persone con cui divide spazi magari anche angusti dopo aver per anni proiettato aspettative e sogni fuori dalle mura di casa. Ci stiamo conoscendo e riconoscendo meglio e se così sarà, quando la vita tornerà a scorrere secondo cadenze e gesti di cui ora sentiamo la mancanza, potremo scoprirci diversi, magari migliori. Intanto, ci consoliamo guardando le immagini di un pianeta, il nostro, che appare più pulito e sembra si stia rigenerando nell’attesa di tornare ad ospitare l’umanità in ogni angolo, pronto ad offrirle una nuova opportunità per dimostrare di aver capito come rispettarlo e ringraziarlo per tutta la bellezza che ci regala. E di opportunità avremo bisogno tutti, quando l’emergenza sarà alle spalle. Non bastano le soluzioni tampone, gli aiuti una tantum e le solite promesse. Ci vorranno fatti concreti, scelte coraggiose ed illuminate, che diano la fondata speranza che esista una visione di insieme più ampia e più elevata. Mentre medici e scienziati dovranno mettere a punto le armi per neutralizzare il virus, toccherà alla classe politica dimostrare di aver compreso appieno il suo ruolo dando risposte certe e creando le premesse per un rilancio economico che non lasci indietro nessuno. Quaranta giorni sono passati, la guerra prima o poi sarà vinta ma oltre le mascherine ed il distanziamento tra individui c’è bisogno di un segnale forte da parte dei governanti. La salute è la prima cosa, non vi è dubbio, ma altrettanto importante e non meno fondamentale per ognuno è il lavoro.