Parola d’ordine incertezza. Indecisione, impotenza, dubbi e scetticismo. Ripresa si, ripresa no. La Salernitana come tutte le altre squadre professionistiche attende di capire se ci sarà un allentamento delle maglie del Governo sugli allenamenti. L’Assocalciatori chiede di equiparare i calciatori agli atleti di discipline individuali che dal 4 maggio potranno riprendere l’attività. L’obiettivo è provare a ottenere l’ok almeno per il lavoro aerobico nei centri sportivi, pur nel rispetto del dovuto distanziamento sociale.
La richiesta è arrivata al ministro dello sport, Spadafora. Medici al lavoro, da un estremo all’altro: mentre quelli del comitato medico dell’Uefa si dicono possibilisti, quelli della Serie C hanno fatto già sapere che per la loro categoria la ripresa sarebbe molto rischiosa. Dalla difficoltà di reperire un elevato numero di tamponi al pericolo di diffondere il virus (molti di loro operano anche in ambulatori esterni), per non parlare del discorso economico e delle responsabilità legali in caso di contagio di un tesserato. In mezzo c’è la Serie B che condivide molte preoccupazioni con la terza serie.
Dal 4 maggio calciatori in strada o nei parchi? Qualcuno ci pensa provocatoriamente (la Lazio di Lotito ad esempio), mentre alcuni atleti della Salernitana lo fanno già, nelle vicinanze delle proprie abitazioni. Ma l’asfalto è cosa ben diversa dall’erba. C’è poi un problema oggettivo di distanze e di intensità del lavoro. Ecco il perché del tentativo dell’Aic di strappare un’eccezione al Governo.
Nel dettaglio di casa granata, la società avrebbe a disposizione quattro campi, quello in sintetico del Volpe e i tre in erba naturale del Mary Rosy. Sarebbe quindi teoricamente in grado di ospitare il lavoro dei ventidue calciatori di movimento in organico (per i portieri potrebbe essere fatto un discorso a parte) con almeno tre turni giornalieri, distanziandoli però di almeno un’ora per evitare i famigerati assembramenti. Se a ogni atleta venisse concessa metà campo, sarebbero in otto a poter lavorare contemporaneamente. Docce a casa, non il massimo. È chiaro che la procedura potrebbe durare per dieci-quindici giorni in cui programmare un lavoro cosiddetto “a secco”, senza pallone. Dopodiché il calciatore avrebbe necessariamente bisogno di altro. Insomma, potrebbe andar bene a patto che dal 18 maggio ci sia il via libera alle sedute di gruppo. Il problema è che “non è possibile fare previsioni in tal senso”, come ha più volte puntualizzato Spadafora per allenamenti e poi campionato da metà giugno. Due strade all’orizzonte: intanto allenarsi e poi capire se si potrà riprendere, oppure continuare il traccheggiamento. Nel mezzo, è inevitabile “pensare al piano B”, quello da adottare in caso di chiusura anticipata della stagione. La Lega B formalmente non lo fa ancora. Anzi, ha fatto sapere di essere in grado di poter finire il campionato in tre mesi dalla data di ripartenza degli allenamenti. Presidenti volenterosi e previdenti: terranno acceso il lumicino della speranza finché non sarà il Governo, d’imperio, a spegnerlo. Il motivo? Scansare eventuali rogne legali derivanti dai contratti con tv e sponsor che andrebbero chiaramente rivisti al ribasso.
Capitolo stipendi. La Salernitana attende, mentre ieri il Venezia ha annunciato di aver raggiunto un accordo per le riduzioni con giocatori, dirigenti e staff tecnico. È il primo club di B a farlo. In caso di mancata chiusura del campionato, ai tesserati lagunari saranno decurtate due mensilità, maggio e giugno; se il torneo riprendesse, il taglio sarebbe di un solo stipendio. Il club granata ha regolarmente saldato le spettanze di gennaio e febbraio entro il 16 marzo e ha la prossima scadenza a giugno. Tutto naturalmente è sub iudice.