Il comune è l’ente locale più rappresentativo e più vicino ai cittadini, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo, il consigliere comunale è la figura piu’ vicina al cittadino a cui spetta l’ascolto ed il compito di risolvere, dando voce ai problemi della città. E’ questo il ruolo a cui ambisce il medico Radiologo Catello Lambiase, in quota MoVimento 5 Stelle alla sua prima campagna elettorale
quale aspirante consigliere comunale nella città di Salerno a sostegno della candidata Sindaco Elisabetta Barone.
E mentre la campagna elettorale entra sempre piu’ nel vivo del dibattitto, il mondo della politica sempre piu’ si sta confrontando sull’utilizzo del green pass. Catello Lambiase, candidato al consiglio comunale in quota MoVimento 5 Stelle, da medico e radiologo,
non ha mancato un suo commento sul Green pass, i vaccini e le “ombre” sul sistema scolastico sciogliendo (con evidenze scientifiche) alcuni nodi e sollevando dubbi su determinati aspetti non presi in considerazione da chi continua a parlare di “obbligo” senza contezza alcuna.
“L’appuntamento con la riapertura delle scuole nasconde mille insidie ed il rischio che si corre è quello di cominciare l’anno scolastico con gli stessi dubbi e paure del passato sul fronte Covid. È di questi giorni – infatti – al centro dell’attenzione un dibattito sul green pass obbligatorio al personale scolastico. Quello del green-pass al personale scolastico è un diversivo per nascondere i veri nodi insoluti. Non è la panacea a tutti i mali – ha sottolineato Lambiase – La domanda centrale è una: il docente vaccinato impedirà, forse, la raffica di chiusure e quarantene al primo studente positivo? No. Smettiamo di attribuire al green pass capacità che non sono sue: il rischio concreto è quello di trovarsi ben presto davanti alla frustrazione di migliaia di famiglie italiane con i figli in Dad nonostante i vaccinati. Sarebbe più utile un dibattito scientifico serio sui criteri delle quarantene alle classi con casi di positività, anziché nascondersi dietro lo specchietto delle allodole. Allora, cosa proporre: a parte il green pass, si deve guardare a tutto il resto. Il distanziamento, il tracciamento dei casi, lo screening del Personale alla riapertura, le classi numerose ed i trasporti.”
Poi, ancora, le considerazioni per un sistema che fa acqua da tutte le parti, a partire da quello ministeriale fino a quello regionale, che ha ancora tante domande senza risposte sull’avvio dell’anno scolastico: “Gli alunni fino a 12 anni – ad esempio – non hanno ancora un vaccino autorizzato. Proprio questi alunni devono, ahimè, rispettare la distanza fisica interpersonale alla lettera. Nel Piano scuola del Ministero dell’Istruzione, si scrive che “non appare necessario effettuare test diagnostici o screening preliminari all’accesso a scuola”. Si sta parlando da mesi dei test salivari a campione. Siamo a fine agosto, ma di questi test nemmeno l’ombra e, non avendo la sensibilità e specificità dei tamponi, vanno testati. Ma quando? E, soprattutto, chi dovrà farli? Le famiglie, forse. Ricordate il caos creato ad arte scaricando sulle famiglie la misurazione della temperatura dei figli col termometro? Oggi, non solo dovranno continuare a misurarla, ma viene affidata loro anche la responsabilità ed il costo di un test medico. Non abbiamo contezza da parte del Ministero della Salute e delle Regioni di un sistema di monitoraggio dei casi di contagio in ambito scolastico. Tra marzo e oggi non si è neppure riusciti a tenere il conto, in tempo reale, del numero dei docenti e Ata vaccinati (perché venivano registrati solo in base all’età e non alla professione). E non dimentichiamo che Puglia e Campania chiusero le scuole, non perché ci fossero problemi dentro le classi (i numeri li hanno impietosamente sconfessati), ma perché non erano in grado di fare i tamponi agli studenti e di garantire il tracciamento; il sistema sanitario non reggeva. Il Governo Conte II aveva avviato una revisione del numero di alunni per classe studiando, per i prossimi anni, anche l’andamento demografico. Allora che fare? – conclude – Vaccinarsi, continuando a rispettare regole di distanziamento e mascherine, senza che passi l’idea che la vaccinazione sia un “liberi tutti”. I numeri dell’ISS sono, oramai, sempre più “robusti”: i vaccinati ricoverati sono una percentuale marginale. Cerchiamo di convincere gli scettici a vaccinarsi, attraverso dati scientifici, in particolare le fasce d’età 50/70, dove abbiamo ancora milioni di cittadini non vaccinati. I no-vax sono una piccola porzione di questi: bisogna lavorare per convincere i dubbiosi che il vaccino sia l’unica arma a nostra disposizione. E, nel frattempo, distanziamento, tracciamento, screening e monitoraggio sono le uniche chance che abbiamo per consentire ai nostri figli un anno scolastico migliore del precedente, senza cullarci dietro “il falso potere taumaturgico” del green-pass”.