Oltre quattrocento agricoltori della provincia di Salerno scenderanno in piazza per manifestare contro l’aumento incontrollato dei cinghiali partecipando alla mobilitazione promossa da Coldiretti Campania a Napoli il prossimo 26 luglio. Dalle ore 9 l’organizzazione, insieme ad agricoltori, allevatori, imprenditori agricoli e zootecnici, oltre a privati cittadini stanchi di questa emergenza, saranno in sit-in davanti alla sede della Regione Campania, in via Santa Lucia, a Napoli. L’obiettivo delle mobilitazioni che hanno già coinvolto decine di migliaia di persone in tutta Italia è far applicare subito a livello regionale le misure previste dal decreto interministeriale varato lo scorso anno per l’adozione di un Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.“La situazione ungulati è insostenibile – afferma il presidente di Coldiretti Ettore Bellelli – ogni giorno registriamo campi devastati, raccolti falcidiati, incidenti automobilistici anche mortali, assedio nelle campagne come nei centri cittadini. Senza dimenticare la grave problematica della peste suina africana, che nel salernitano ha colpito duramente. La presenza dei cinghiali non è un problema solo per gli agricoltori, ma per tutti. Chiediamo risposte tempestive ed efficaci per contenere la presenza dei cinghiali. Non c’è più tempo da perdere”.
L’ultimo episodio della settimana scorsa ha fatto registrare un doloroso attacco ad un ‘gioiello’ della tipicità regionale i ceci di Cicerale, provocando oltre trentamila euro di danni senza contare le devastazioni di campi di grano, orzo, mais, ortaggi e vigneti. Ma i cinghiali distruggono anche muretti a secco, oliveti e si spingono fino ai centri abitati in cerca di cibo e di acqua.
“La provincia di Salerno è invasa da circa 60mila cinghiali, ma probabilmente molti di più perché non è facile avere i dati precisi – spiega il direttore Enzo Tropiano – che oltre a devastare le colture e causare incidenti stradali, sono un veicolo di diffusione della peste suina e della tubercolosi bovina. Ai primi posti tra le coltivazioni preferite e quindi più danneggiate c’è l’uva, poi i campi di mais e cereali, le erbe utilizzate per l’allevamento del bestiame. Le aree più colpite sono quelle montane e dell’entroterra, anche se gli animali hanno ormai raggiunto pure le coste. Le incursioni riguardano principalmente le aziende orticole con danni a coltivazioni e ai tipici muretti a secco. Crescono a dismisura i costi della difesa con recinti elettrici, ma spesso non bastano per tutelare le aziende. Insomma, un problema che non si riesce più a contrastare”.