Il Gup del Tribunale di Napoli ha condannato ventisette persone con pene da quattro ai sei anni di carcere per aver riciclato somme di danaro provento di attività illecite per almeno cento milioni di euro per conto della fazione del clan dei Casalesi guidata da Michele Zagaria.
Il processo si è svolto con il rito abbreviato, mentre un’altra quarantina di imputati ha scelto la strada del dibattimento.
Il procedimento è nato dall’indagine della Dda di Napoli e della Guardia di Finanza, che ha accertato come il clan di Michele Zagaria abbia usato per anni il sistema della false fatture per riciclare i soldi provento di attività criminali, e lo abbia fatto attraverso una rete di fiancheggiatori, spesso insospettabili, ditte individuali e società; nell’ottobre scorso i finanzieri effettuarono un maxi blitz con 48 persone arrestate e oltre 60 indagati.
Gli imputati sono in larga parte di comuni del Casertano (Aversa, Parete, San Marcellino, Trentola Ducenta, Casapesenna e Caserta); con loro, poi, ci sono persone delle province di Napoli e Salerno. Le indagini hanno individuato 33 società, 44 persone fisiche e ditte individuali che erano destinatari dei bonifici; tramite poi 18 società filtro si trasferivano le liquidità mediante bonifici di minore importo, poi recuperati negli uffici postali tramite un gran numero di ‘prelevatori’ (quasi la metà di coloro che sono stati raggiunti dalle ordinanze). I soldi liquidi venivano poi destinati, in larga parte, anche per sostenere le famiglie dei boss del clan dei Casalesi attualmente detenuti.
Dalle indagine è emerso che si riuscivano a prelevare 55mila euro al giorno dagli uffici postali per un business da 1,6 milioni di euro al mese.