I forni sono spenti, ma stavolta non c’entrano i comitati, le autorizzazioni, la Procura, l’Arpac o l’ Asl, la Regione, tutti quelli insomma, che in questi mesi sono stai chiamati ad avere un ruolo sulle sorti delle Fonderie Pisano di Salerno. Niente di tutto questo. Stavolta è la proprietà delle Fonderie Pisano che è stata costretta a tenere fermi i forni perché come era stato ampiamente previsto, il crollo delle commesse, cioè dei clienti che fanno domanda dei prodotti realizzati nell’azienda di Fratte c’è stato. L’impresa sta pagando il prezzo del lungo stop alle attività produttive ed i lavoratori sono in cassa integrazione in deroga, fino a maggio, già concessa per effetto del blocco precedente. Insomma il sì del Riesame alla riapertura non è bastato. Il recupero del fatturato insomma si affianca come priorità in questo momento al percorso per la delocalizzazione che non si è affatto fermato anche se i vertici dell’azienda sanno che sarà determinate il contributo delle istituzioni per arrivare a convincere i territori interessati dall’arrivo della fabbrica delocalizzata per far si che le amministrazioni comunali non sbattano la porta in faccia senza nemmeno aver visto il progetto della nuova e moderna fonderia. la speranza è trovare incentivi che la Regione possa mettere a disposizione di quei Comuni disposti ad ospitare le Pisano. Sindacato ed azienda si sono sempre detti disponibili a mostrare i progetti e le intenzioni. Su altri due fronti , quello dei cittadini e quello giudiziario la battaglia va avanti. I prossimi appuntamenti sono il 4 con un’assemblea nella chiesa di Fratte con tutte le associazioni, per fare il punto della situazione. Il 18 messa a Matierno con il vescovo che procederà l’appuntamento del 25 febbraio con un corteo per la strade di Salerno. Si attende la decisione della Cassazione sul ricorso presentato dalla Procura contro la riapertura disposta dal Riesame.
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