Figura anche la provincia di Salerno nell’operazione “Ultimo Brindisi della Guardia di Finanza di Catania che ha scoperto una maxi evasione Iva. Dieci persone arrestate, 17 divieti di esercitare l’attività d’impresa e il sequestro di 30 milioni di beni nei confronti di 17 società e di 25 indagati. A finire in carcere anche il salernitano Concordio Malandrino, imprenditore cilentano di Vatolla ma domiciliato ad Agropoli, già coinvolto in altre indagini per svariati reati di natura fiscale, tra cui quella inerente la gestione di un locale dei vip nel porto turistico di Agropoli, colpito anche da un mandato di cattura a livello internazionale, perché residente all’estero. A Salerno è scattato il sequestro di alcuni immobili.
l blitz dei finanzieri, coordinati dalla Procura Europea di Palermo, ha riguardato un articolato gruppo criminale che avrebbe illecitamente commercializzato bevande nel territorio nazionale in evasione dell’Iva. L’ordinanza è stata eseguita da Finanzieri nelle province di Venezia, Vicenza, Messina, Siracusa, Salerno, Roma, Padova, Rieti, L’Aquila e Milano. Tra gli indagati anche il figlio incensurato di un boss del clan Santapaola.
Le investigazioni, durate circa due anni, hanno consentito di appurare che il gruppo criminale – con base operativa e decisionale in un deposito di Belpasso (Catania) – avvalendosi della professionalità dei suoi sodali (imprenditori e professionisti) ha realizzato, negli anni, un volume d’affari superiore a cento milioni di euro, frodando il Fisco per oltre 30 milioni di euro.
Un’organizzazione strutturata su scala piramidale che, con “teste di legno”, gestiva, di fatto, imprese cartiere che emettevano fatture per operazioni inesistenti nella commercializzazione di bevande che, grazie all’evasione d’imposta, potevano essere vendute a prezzi altamente concorrenziali.)
Tra i meccanismi di frode vi era l’acquisto senza Iva, di merci falsamente destinate all’estero, oppure il mancato versamento in Italia dell’imposta sugli acquisti provenienti dalla Repubblica di San Marino, dove il sodalizio operava con un’azienda a loro riconducibile. Il gruppo criminale simulava operazioni intracomunitarie, tramite una società apparentemente situata in Bulgaria ma di fatto gestita in Italia sempre dalla stessa organizzazione.
Profitti illeciti pari a quasi 600 mila euro sono stati realizzati anche attraverso crediti d’imposta inesistenti, artificiosamente creati attraverso falsi corsi di formazione per il personale dipendente di alcune imprese facenti capo al gruppo criminale.