“Quelli che sono morti sono stati uccisi, quelli che ancora non si trovano sono stati sequestrati contro il loro volere. Avevano le valigie pronte e volevano rientrare”. Le parole di Alessio Feniello, papà di Stefano – il 28enne ancora tra i dispersi nei resti dell’hotel Rigopiano, dove era andato per festeggiare il compleanno insieme alla fidanzata – diventano l’emblema della rabbia e della disperazione dei familiari dei dispersi. Una rabbia, quella di papà Alessio – la famiglia, originaria di Oliveto Citra, risiede da tempo in Abruzzo – che esplode davanti all’ospedale di Pescara mentre è ancora in attesa di avere notizie ufficiali sulle sorti del figlio. Proprio lui, a cui venerdì sera, forse a causa di un errore nelle comunicazioni, le autorità, tra cui il Prefetto, avevano detto che Stefano era vivo e faceva parte di un gruppo di cinque persone in arrivo in ospedale. “A sentire il nome di mio figlio sono caduto faccia a terra – racconta – il giorno dopo ho penato fino al pomeriggio e ho atteso che qualcuno mi venisse a dire ‘guardate abbiamo sbagliato'”. E allora Alessio critica l'”arroganza senza umanità verso un padre che ha il figlio sotto le macerie”. Non smette di attendere e di sperare, papà Alessio, nonostante le parole che Francesca Bronzi, fidanzata del 28enne, dimessa e tornata a casa nel pomeriggio, avrebbe pronunciato a familiari e conoscenti: “Con la luce del telefonino ho illuminato il braccio di Stefano. Vedevo solo il suo braccio. Si lamentava, lo chiamavo, ma non rispondeva. Poi non l’ho sentito più neanche lamentarsi”. Ai cronisti Alessio Feniello ha fatto sentire una nota audio, inviata il giorno prima della tragedia, in cui Stefano era felice: “Andiamo alla spa. È pieno di neve. Nevica, però questa Panda è uno spettacolo. Siamo saliti senza catene”. Poi il mercoledì, verso le 15, dice ancora il papà del ragazzo, “ha chiamato mia moglie e ha detto ‘mamma forse non possiamo rientrare perché quelli che dovevano pulire la strada non si sono degnati di venire'”. Di una cosa si dice certo Alessio: “Le istituzioni fanno pena. Nel 2017 – osserva – non si possono permettere queste cose. È inutile che si fa un hotel lussuoso se poi non c’è un mezzo per pulire la strada. Lì sotto, ora, ci poteva essere chiunque”.
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