La vicenda del centro ISES ha del grottesco, da oltre 30 anni in uno stabile per civili abitazioni, è andata avanti in un continuo tra autorizzazioni concesse, revoche di autorizzazioni concesse, sospensioni di autorizzazioni, sospensioni di revoche e nomine di numerosi CDA che tutto hanno fatto tranne che gestire bene la struttura a danno di utenti e dipendenti. La storia ha un suo prologo, ma anche un suo epilogo che aspetta solo il colpo di scena finale. È da circa un anno che si è tentato il salvataggio della struttura e dei dipendenti cercando soluzioni nella delocalizzazione della struttura e cercando investitori che potessero garantire un futuro ad utenti e dipendenti in presenza di una “sospensione” momentanea – in attesa di giudizio della magistratura – dell’accreditamento e delle risorse da esso derivanti. È da qualche mese che, lo stesso centro, è sottoposto ad una procedura di liquidazione coatta sulla quale, però, si è innestata anche una richiesta di fitto di ramo d’Azienda da parte dei dipendenti associati in forma cooperativistica e con un piano finanziario di rilancio aziendale da operarsi con un progetto, già presentato alla ASL ed alla Regione ufficiosamente approvato, di delocalizzazione della struttura con ripristino di tutte le prerogative previste dalla normativa in tema di assistenza a soggetti diversamente abili. In una nazione “normale” si sarebbero immediatamente tutelati i 90 dipendenti e soprattutto gli oltre 200 utenti che si servono della struttura e che non hanno possibilità di cura alternativa all’ISES se non a decine di chilometri di distanza. Ma si sa le cose in Italia più facili diventano impossibili…. Tra interpretazioni di norme (è sospensione dell’accreditamento? è revoca dell’accreditamento? O altro?), paura da parte delle Istituzioni preposte di sottoscrivere un semplice atto con il quale si riconosceva il diritto di utenti e dipendenti a poter operare nella nuova sede, interferenze politiche di soggetti che hanno tutto l’interesse a che il centro chiuda a favore di altri centri che stanno aspettando solo la chiusura per ripartirsi gli accreditamenti, si rischia di avere un bel progetto e delle soluzioni alle problematiche che non saranno mai avallate da chi è preposto a ciò. E poi si dice che il lavoro non c’è, quando si tenta tutto il possibile per far chiudere attività e servizi. “dietro ciò c’è la longa manus di chi ha interessi a trasferire l’accreditamento presso altre strutture, anche il proiettile ricevuto dall’attuale C.D.A. in liquidazione deve essere interpretato in tal senso e parla di interessi criminosi da parte, evidentemente, di criminali che già, evidentemente, hanno ipotecato l’accreditamento dell’ISES. La ASL e la Regione debbono, una volta per tutte, dipanare i dubbi e verificare la possibilità di ripristinare un servizio essenziale di riabilitazione in un territorio già carente di offerte ed evitare che la criminalità organizzata metta mano sui resti della struttura.” Dichiara Rolando Scotillo che chiosa “nella giornata del 07 di luglio i dipendenti, autonomamente, hanno deciso di far sentire la loro voce alla ASL di SALERNO, noi saremo con loro. Chi non sta con loro, evidentemente, è colluso con la criminalità, la stessa criminalità che ha inviato il proiettile.”
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