Una crescita effimera, un’illusione ottica ha segnato il 2022 delle vendite: prosegue, infatti, anche a dicembre la crescita in valore delle vendite rispetto ad un anno fa ma, purtroppo, continua anche la flessione dei volumi al netto dell’incremento dei prezzi. Un calo che purtroppo avevamo preannunciato: inflazione e caro bollette hanno, dunque, inciso sulla stabilità degli acquisti delle famiglie a Natale, vanificando la ripresa dei consumi auspicata e pesando sul commercio al dettaglio, il cui quadro resta critico in particolare per i piccoli negozi che hanno registrato un crollo del 7% circa in volume.
Così Confesercenti Nazionale in una nota commenta i dati diffusi da Istat sul commercio al dettaglio di dicembre. A dicembre, infatti, a fronte di una crescita in valore del 3,4% rispetto a 12 mesi prima, si registra una caduta in volume del 4,4%, con un deflatore pari a quasi l’8% (era dell’1,1% a gennaio).
Per le imprese di minori dimensioni dicembre è stato un mese molto difficile, con un vero e proprio tracollo delle vendite in volume.
Un andamento ‘drogato’ delle vendite del commercio al dettaglio che ha accompagnato tutto l’anno, registrando una crescita del 4,6% in valore che corrisponde però ad una diminuzione dello 0,8% in volume. E mentre le grandi strutture di vendita sono riuscite, seppur di poco, a mantenersi in area positiva (0,2% in volume) per le piccole superfici si è rilevata, anche in media d’anno, una caduta significativa che sfiora il 2%.
In particolare, soffrono le vendite di beni alimentari che da gennaio scorso registrano variazioni negative anno su anno: un indicatore, questo, del livello di difficoltà che le famiglie devono affrontare nella spesa per gli acquisti.
Il 2023 rischia, perciò, di diventare nel triennio post pandemia, l’anno con il peggiore risultato della spesa domestica.
E la frenata della ripresa dei consumi sta incidendo pesantemente nel comparto del commercio, in particolare in settori quali l’abbigliamento-tessuti e calzature, con oltre 2000 imprese che hanno chiuso per sempre i battenti (circa il 4% in meno); mentre nel commercio su aree pubbliche la discesa è inarrestabile, con una stima di perdita di quasi 5.000 imprese (circa il 3%).
Nel complesso, una perdita complessiva di oltre 15mila attività solo nel 2022 (il 2%).
Uno scenario che, senza inversioni di tendenza, rischia di estromettere per sempre dal mercato altre 15mila imprese del settore distributivo. Per questo auspichiamo interventi rapidi ed incisivi a sostegno di famiglie ed imprese: se, come ipotizzato dallo stesso Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, nel corso del 2023 le tariffe di luce e gas si riducessero del 40%, si libererebbero circa 30 miliardi di spesa aggiuntiva. La spesa complessiva sostenuta dalle famiglie per le utenze domestiche passerebbe da quasi 76 a poco più di 45 miliardi di euro, scendendo da 2.950 euro a 1.780 euro l’anno per famiglia: così si potrebbe ridare fiato ai bilanci familiari ed imprimere un’accelerazione ai consumi, una vera boccata d’ossigeno fondamentale per le imprese.
È una lenta e drammatica situazione socio economica che volge al peggio e che puntualmente stiamo raccontando da mesi dichiara il presidente provinciale di Confesercenti Salerno Raffaele Esposito i dati raccolti dalla nostra organizzazione cristallizzano una situazione critica che per il 2023 potrebbe tradursi in una nuova ed inesorabile ondata di chiusura di negozi storici e tradizionali quelli delle nostre città delle nostre periferie e delle nostre comunità. Sarebbe un danno sociale ed economico incalcolabile sia in termini di reddito pro capite per le nostre famiglie sia in termini di controllo e sicurezza del territorio.
Sappiamo bene il significato di avere negozi e quindi baluardi di vitalità, sicurezza ed onestà lungo le nostre strade e nei nostri quartieri, se questi baluardi di legalità dovessero lentamente sparire si aprirebbero spazi per attività illecite come lo spaccio e la delinquenza in genere.
Dobbiamo lavorare al fianco delle istituzioni per arginare e fermare questa tendenza bisogna ripartire dagli enti locali e dal governo dei territori per una maggiore concertazione e supporto a queste attività. Le crisi i venti di guerra la pressione fiscale ed il caro vita giocano purtroppo un ruolo determinante in maniera negativa ed alimentano le chiusure.