Il TAR Campania, sezione di Salerno, ha deciso. Con la sentenza n. 768/2024, pubblicata oggi, respinge il ricorso del Comune di Camerota e stigmatizza senza incertezze le gesta del sindaco-eroe che, come si ricorderà, distrusse illecitamentele formazioni rocciose che prospettano sulla Mingardina con il reiterato uso di esplosivi.
“Coraggioso e audace”, ghignò Franco Alfieri plaudendo all’indebito uso dell’istituto della somma urgenza, con un pubblico apprezzamento che, alla luce del giudicato amminstrativo, ha il sapore dell’apologia di reato.
La condanna al pagamento delle spese, circostanza inusuale allorquando si confrontino pubbliche amministrazioni, attesta inequivocabilmente la temerarietà del ricorso del comune di Camerota che, dopo averle disattese, impugnò le ordinanze emesse dalla Soprintendenza.
Queste, in estrema sintesi, le motivazioni della sentenza:
– Soprintendenza ed Ente Parco “hanno declinato la loro azione inibitoria, conformativa e repressiva in maniera legittima, coerente e ragionevole, nell’esercizio delle prerogative di vigilanza e sostituzione attribuite dal Codice di settore”
– il comune di Camerota “avrebbe potuto adottare un provvedimento contingibile e urgente (al di fuori, dunque, dell’ordinario procedimento di autorizzazione paesaggistica) ma solo per le opere strettamente necessarie a salvaguardare l’incolumità pubblica (e tali non sono opere che si vanno a sviluppare nell’arco di sei mesi anche con l’utilizzo di materiale esplodente)”;
– il comune di Camerota avrebbe dovuto attivare immediatamente – e così non è stato – il procedimento di autorizzazione paesaggistica per ogni ulteriore intervento.
Ma, se è vero che l’invocata procedura di somma urgenza non avrebbe potuto consentire l’agire del sindaco Scarpitta, sono stati commessi reati che attengono tanto alla distruzione delle bellezze naturali e dell’ambiente protetto, quanto alle spicce modalità adottate per l’individuazione dei soggetti che quelle opere hanno materialmente realizzato.
Viene dunque da chiedersi cosa stia facendo la Procura della Repubblica e perché, pur essendo informata, non intervenne a fermare lo scempio con un provvedimento cautelare e urgente che pure avrebbe potuto adottare. E sorge la legittima aspettativa che, di questa sciagurata vicenda, si occupino, per quanto di relativa competenza, anche l’ANAC e la Procura regionale della Corte dei Conti.
Come sempre, staremo a vedere.