Quando un risparmiatore si affaccia sul mercato finanziario alla ricerca di opzioni in grado di garantirgli un profitto o una rendita in vista del futuro, molto spesso non è cosciente dei rischi che può correre. Il mondo degli investimenti è ricco di insidie, è regolato da norme molto complesse: basta un attimo per ritrovarsi a fare i conti con un investimento andato male o per dover giustificare a sé stessi un improvviso cambio di rotta dettato dall’ansia e dalla mancanza di risultati.
A questa situazione già complicata si aggiunge una mancanza di informazione e cultura finanziaria da parte dell’italiano medio, che vede nell’investimento la vecchia Eldorado: gettarsi nella mischia senza le giuste informazioni e senza conoscere ogni dettaglio della sottoscrizione potrebbe produrre effetti molto deleteri. Per questi motivi in Italia è tuttora molto ricercata la figura del consulente finanziario, un esperto del settore che è in grado di consigliare al meglio il cliente sia in fase preliminare che durante l’investimento. Il recente passato aumenta però i dubbi sulla trasparenza e sulla mole dei costi legati al lavoro del consulente finanziario.
Lo scorso 3 gennaio, però, il nuovo regolamento ha cambiato le carte in tavola: attraverso il MiFid II, che adegua una normativa europea su territorio italiano, le società di consulenza dovranno tutelare maggiormente i clienti, palesando ogni costi e pianificando tutte le scelte non in ottica di un proprio guadagno, ma per il bene del cliente. Attraverso il MiFid II i bisogni del risparmiatore non saranno più messi in secondo piano, premiando al contempo quelle tipologie di società di consulenza che avevano fondato il proprio business su un modello più trasparente e consumer first.
Si tratta principalmente di quelle forme di consulenza finanziaria indipendente, distaccate cioè dagli istituti finanziari o bancari che emettono azioni, obbligazioni e altri strumenti. L’assenza di legami tra il consulente e gli istituti eroganti facilita il compito nei confronti del cliente, che così è sicuro di poter scegliere il prodotto più adatto alle sue caratteristiche. La consulenza finanziaria indipendente si basa però anche su un modello di fee più contenuta, che abbassa i costi di gestione, ingresso e spesa anche con l’utilizzo della tecnologia. Il legame tra la consulenza finanziaria e l’apporto tecnologico è fondamentale per fugare ogni dubbio del cliente, per valutare al meglio gli strumenti e il livello di rischio in fase preliminare, ma anche per ottimizzare l’investimento durante tutto il percorso e per garantire un controllo costante senza punti oscuri.
La maggiore chiarezza e i costi di gestione più contenuti migliorano il potenziale rapporto tra cliente e consulente, restituendo un sentimento di maggiore fiducia in totale aderenza con gli obiettivi che il risparmiatore vuole raggiungere, nei tempi prefissati e senza correre rischi più grandi di quanto potrebbe tollerare. E se nel 2017 la consulenza finanziaria indipendente ha attirato molte attenzioni non solo sul territorio italiano, ma anche sui mercati maggiormente maturi di Germania e Gran Bretagna, il 2018 e il MiFid potrebbero andare oltre ogni più rosea aspettativa. Con questa nuova regolamentazione, infatti, il cliente potrebbe definitivamente accantonare i vecchi strumenti finanziari, poco redditizi e non così trasparenti, a vantaggio dei nuovi prodotti, maggiormente al passo con i tempi in ottica tecnologica e più orientati a soddisfare i bisogni dei clienti, essendo slegati dalle logiche conflittuali che continuano a regolare i rapporti tra i soggetti eroganti e i consulenti finanziari.