Fiato sospeso e dita incrociate. Non per l’esito di una partita o per l’esecuzione di un rigore decisivo, ma per la fumata bianca sul fronte societario. La cessione della Salernitana è telenovela che dura da maggio e, giusto per non deludere gli spettatori, il regista ha pensato di chiudere il tutto solo a metà dicembre. In pratica, per i tifosi granata potrebbe arrivare un regalo di Natale, sperando che non si tratti di una sgradita sorpresa. Si spera che entro domani possano essere fugati gli ultimi dubbi e smussati quei dettagli che, secondo alcuni, mancherebbero. Dopo aver registrato qualche smentita diretta e indiretta circa i nomi di alcuni dei possibili acquirenti, è legittimo che ancora oggi la tifoseria possa essere disorientata e confusa. Ci mancherebbe, del resto. La Salernitana poteva e doveva essere trattata meglio da chi oggi si è trincerato dietro il ruolo di semplice – si fa per dire – disponente. Dopo gli elogi e le celebrazioni di maggio, specialmente da parte delle istituzioni, cosa peraltro dovuta e giusta, ci si aspettava un altro comportamento, una scelta diversa, dettata da affetto e lungimiranza da parte della proprietà uscente o non si sa come definirla. Salerno aveva riversato passione ed amore per le strade cittadine per festeggiare una insperata ed inaspettata promozione, ma nella stanza dei bottoni, se è vero che tutto era stato programmato e pianificato, perché mai non si era andati oltre il piano B, ossia il trust, non pianificando anche il passaggio di mano del club a persone capaci e ben disposte a dare dignità alla partecipazione al massimo campionato della Salernitana e della città intera? Perché da queste parti la serie A è come la cometa di Halley, non passa tutti gli anni e, dunque, quando capita andrebbe ancor di più goduta, difesa, tutelata. La Salernitana è stata mandata al massacro, come una truppa senza armi e senza rancio, costretta a nutrirsi di briciole elargite a piccole dosi, a rincorrere acquisti a rate e la conseguenza è la classifica attuale, ma soprattutto la mortificazione di aver dovuto affrontare tante partite con la speranza nel cuore ma con la consapevolezza nella mente che solo un miracolo avrebbe sconfessato il pronostico. Poi, certo, in alcune occasioni alla truppa non mancò il coraggio ma la fortuna. Tuttavia, il palo colpito o il gol subito alla fine sono eventi che fanno parte del film di una stagione. Il problema non è questo, non è neanche il meno quattro dalla salvezza che, tutto sommato, rappresenta un grande affare visto il quadro generale: no, il problema è stato ed è questo senso di vuoto, di distanza incolmabile tra la Salernitana ed il resto. Un vuoto colmato dalla presenza al fianco della squadra della tifoseria che, però, non può sostituirsi alla proprietà, alle parti disponenti, alla dirigenza, ai trustee ed ai possibili acquirenti. Sola ed esposta alle intemperie, costruita anche male oltre i paletti e i limiti del trust, la Salernitana non meritava e non merita di recitare la parte dell’intrusa nel salotto buono del calcio italiano. Dalla Figc alla proprietà romana, passando per tutti quelli che ancora oggi strombazzano soluzioni farlocche e di facciata come fosse la cosa più naturale del mondo, è stato oltraggiato in maniera evidente il nome della Salernitana, è stata infangata la dignità della maglia granata, a cui pure è stato dato un prezzo, quei famosi 119,19 euro, prezzo della maglia celebrativa che è ancora possibile trovare negli store. Per non parlare dei prezzi esosi e fuori dalla realtà per le gare interne con le grandi del campionato, applicando i quali si è favorito l’afflusso degli occasionali penalizzando gli irriducibili, coloro che non vanno allo stadio per vedere i campioni delle altre squadre ma per condividere con gli altri innamorati folli della maglia un sogno, una speranza, fosse pure un’altra sconfitta. Salerno non meritava nulla di tutto questo, sebbene colpe e responsabilità non siano estranee anche al tessuto cittadino. Ed è per questo che entro domani si spera davvero che si possa porre fine a questo strazio.
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