Cosa resta del passato? Prima di guardare al futuro, infatti, sarebbe meglio fare il punto su ciò che è stato fino a ieri. E’ vero, lo scorso 10 maggio la Salernitana è stata promossa in serie A e la città è comprensibilmente esplosa. Di gioia. Era esplosa, però, anche di orgoglio e di rabbia solo due anni
fa, nei giorni del Centenario, quelli immediatamente successivi alla grande paura di Venezia, al playout vinto ai rigori, grazie alle parate di Micai, messo fuori dalla porta giusto un anno dopo con l’avvento di Castori ed il varo, a sentir Lotito, di un progetto finalizzato alla promozione in serie A. Un progetto, appunto, del quale ci sarebbe da chiedersi se facesse già parte tutto il teatrino di queste settimane in cui si è parlato di acquirenti più o meno plausibili, di cifre un po’ meno plausibili per la cessione, e del famigerato trust, presentato come un piano B ma che, forse, era già nei pensieri di qualcuno. Più volte, ad esempio, lo stesso direttore sportivo della Salernitana ne aveva parlato anche ben prima della promozione. Vista lunga, non c’è che dire. Magari, anche su questo sarebbe utile avere un parere pro veritate. Cosa resta del passato, allora? Cosa resta degli anni bui, delle delusioni, delle offese espresse a volte con le parole ed altre volte con i comportamenti distaccati e sprezzanti, che avevano portato un popolo intero in strada quel 19 giugno 2019 per affermare la sua identità ed il suo orgoglio oltre ogni categoria e a dispetto anche della più solida proprietà mai avuta? Salerno è stata ancora una volta messa in secondo piano, perché prima sono venuti gli interessi personali, perché dire che una società non si vende in trenta giorni è un conto, ma chiedere 80 milioni significa non volerla rendere vendibile né in trenta né in trentamila giorni. Se trust sarà, avranno perso tutti. Compresa la Figc che prima ha mostrato i muscoli e poi s’è accarezzata il suo ventre, molle e sazio come è tipico di chi ha confidenza col potere. Interessi, guerre di posizione, dispetti che si rincorrono per poi diventare i piaceri che i due avversari prima o poi si scambieranno, sempre e solo per tutelare se stessi e le loro posizioni di comando. Se trust sarà, non sarà certo la soluzione del problema. Sarà l’esasperazione ai massimi livelli di una situazione che vede la Salernitana, intesa come essenza di un popolo, vittima e non certo salvaguardata nei suoi interessi, finita al centro di una contesa tra la proprietà e la Figc per interessi anche maggiori. In molti tireranno un sospiro di sollievo, ma il ricorso all’espediente, anche legalizzato, non deve essere motivo di soddisfazione ed orgoglio. C’è poco da stare allegri, insomma, perché non sarà certo il trust a garantire un campionato degno alla Salernitana che potrebbe trovarsi nelle condizioni di affrontare la serie A senza un vero presidente, consegnata nelle mani di un amministratore e dal punto di vista sportivo, magari, affidata a chi dai patron era stato da sempre indicato, epilogo della vicenda societaria a parte, come il profilo giusto per garantire una continuità gestionale che, qui i conti non tornano almeno dal punto di vista etico, proprio col trust si dovrebbe guardare con sospetto. Insomma, se trust sarà, sulle questioni relative alla Salernitana non potranno direttamente mettere bocca coloro i quali dovranno comunque finanziare il suddetto istituto (siamo sicuri che i soldi dei diritti tv arriveranno fin da subito, tutti in una unica soluzione, pronti per essere investiti sul mercato?), ma tutto potrà essere pacificamente delegato ad una persona che, qui non è questione di capacità ma di aspetti formali, per una decina d’anni circa è stata espressione della proprietà, facendone in tutto e per tutto le veci su piazza? Vorrebbe dire, quindi, che un dipendente sarebbe più responsabile degli stessi proprietari non controllori del buon andamento del bene messo nel trust. Non ce l’abbiamo con Fabiani o con gli altri dirigenti, intendiamoci. Ma vogliamo semplicemente capire se la Figc abbia intenzione di accettare il progetto di Lotito: chi è vicino alla proprietà, infatti, parla di tempi lunghi e flessibili per la vendita, di 80 milioni come prezzo di partenza, e di continuità gestionale dal punto di vista sportivo la cui indipendenza dalla proprietà dovrebbe essere garantita da un trustee ben visto dalla Figc, meglio ancora se espressione della stessa. Gravina nei giorni scorsi avrà anche aperto al trust, ma ha anche aggiunto che se non saranno rispettati certi paletti, allora qualcuno a Salerno avrà un brutto risveglio. Ci auguriamo che quel qualcuno non sia i tifosi. Resta, nota a margine, anche un pizzico di sconcerto misto a meraviglia per il silenzio delle istituzioni cittadine che sulla questione non hanno mai preso posizione, auspicando solo un esito positivo legato a soluzioni tecnico- legali che ancora oggi non si capisce bene quali siano. Peccato che neanche a Palazzo di Città abbiano mai pensato di chiedere chiarezza alla proprietà circa le sue intenzioni, limitandosi, nel giorno della premiazione in Comune, a celebrarne i meriti senza nemmeno chiedersi cosa sarebbe accaduto poi. Dimenticando, purtroppo, cosa era stato prima.