Quella tra Salernitana e Foggia non è una partita come le altre. E non solo per i rapporti tutt’altro che idilliaci tra le due tifoserie che, tra l’altro, hanno costretto l’osservatorio a cerchiarla in rosso per motivi di sicurezza. Forse anche eccessivamente considerati i poco meno di 300 tifosi rossoneri presenti stasera all’Arechi. Vero è che la prudenza non è mai troppa, ma chiudere strade e attività commerciali dalle 14 di oggi forse è davvero eccessivo. Ma tant’è.
Il match tra granata e satanelli va ben oltre l’incontro stricto sensu sul rettangolo verde, per affondare le radici nella storia passata e recente dei due club. A partire dalla prima forma di multiproprietà in Italia portata avanti da Pasquale Casillo che negli anni novanta si ritrovò a giocare su più tavoli. Partendo proprio dal Foggia dei miracoli di Zdenek Zeman e poi con l’ippocampo dove vennero gettate le basi per la saga di Rossilandia all’ombra dell’Arechi, fino ad arrivare al Bologna. Ma anche i ping-pong di allenatori, dal boemo a Delio Rossi e non solo, passando per tanti giocatori che sono gravitati sulle due sponde, non ultimi i dirigenti. Antonio Lo Schiavo, in parte Franco Del Mese, Peppe Cannella e per certi aspetti anche Renzo Castagnini. Erano gli inizi degli anni ’90 quando Pasquale Casillo, all’epoca conosciuto con l’appellativo di re del grano, decide di rilevare la Salernitana dal compianto Don Peppino Soglia, dopo l’amara retrocessione a Pescara con il Cosenza. Casillo è il patron che sceglie Franco Del Mese (con cui aveva rapporti lavorativi) come amministratore; il diesse inizialmente è Ferruccio Recchia, poco dopo sostituito da Beppe Cannella. L’anno successivo proprio Cannella viene spedito a Bologna da Casillo che aveva rilevato pure il club felsineo e a Salerno gli succede Renzo Castagnini (ex Barletta), altro uomo della cordata pugliese. L’anno successivo a Del Mese (che resta comunque in granata) viene sostituito Antonio Lo Schiavo che arriva da Foggia su indicazione di Casillo e porta con se l’allenatore della primavera dei satanelli, il classico signor Rossi. Lui però si chiama Delio. E’ l’inizio della leggenda di Rossilandia. Dalla formazione Primavera del club dauno arriva anche una giovane promessa, Salvatore Fresi. Un ragazzino sardo, di professione difensore con un destro fatato, ruberà la ribalta granata, fino a salire ai fasti di San Siro. La Salernitana vince al primo colpo, torna in cadetteria e l’anno successivo sfiora addirittura il doppio salto, perdendo la massima serie nell’amara trasferta di Bergamo allo stadio Azzurri d’Italia contro l’Atalanta. Poi il passaggio alla gestione Aliberti.
Tornando al Foggia, indimenticabili i passaggi dei vari Di Michele, in positivo, ma anche di Chinasse a voler guardare il rovescio della medaglia. Sono 21 i precedenti tra le due formazioni giocate a Salerno. Il bilancio parla nettamente in favore dei granata: 13 successi per l’ippocampo, 6 pareggi e due exploit dei satanelli. Il Foggia non vince a Salerno da 31 anni. In B, nei 5 precedenti, i rossoneri hanno ottenuto un solo punto, 1-1 nell’anno 1990/1991, subendo 4 sconfitte nelle altre gare disputate. Negli annali anche il pareggio ad occhiali con ignobile rissa finale nel pantano dell’Arechi. Era il 2006 e sulla panchina dauna c’era Stefano Cuoghi, fresco ex al vetriolo…