Siamo ormai al conto alla rovescia, anche se la speranza di una clamorosa rimonta resta compagna di viaggio di tutti i tifosi. Nelle ultime nove partite ci si aspetta almeno che si giochi con più ardore ed orgoglio perché ultimi senza quasi lottare è una condanna ancor peggiore della retrocessione in se stessa. Nel febbraio di due anni fa il presidente Danilo Iervolino, appena insediatosi al comando della società granata, disse che non poteva accettare di vivere una situazione in cui la squadra stesse retrocedendo in maniera ordinata. Il patron all’epoca voleva lottare anche in maniera scomposta al fine di scongiurare un esito che fin quasi dall’inizio del campionato sembrava scontato per una squadra che era passata dalla proprietà romana ad un trust. Scompostamente ma anche con tanto entusiasmo ed una massiccia dose di liquidità immessa nelle casse del club per affrontare il mercato di gennaio, il presidente riuscì nell’impresa disperata, scrivendo una pagina di storia calcistica che resterà negli annali della serie A. Questo entusiasmo e questa passione hanno subito dei colpi con l’andare del tempo, ma del resto nessuna situazione si può cristallizzare ed il calcio è per definizione un ambito dinamico in cui sentimenti, emotività, ma anche comportamenti ed umori dei protagonisti, quindi dei calciatori e degli allenatori, hanno un peso determinante. Ecco perché un proprietario, ma anche un dirigente che debba rispondere alla proprietà di una società di calcio, devono mantenere sempre un certo equilibrio che li aiuti nei momenti difficili e che eviti loro le insidie dei facili entusiasmi quando al contrario arrivano vittorie ed applausi. Quale sia l’obiettivo finale a cui si tende da parte di una proprietà è la domanda a cui è fondamentale dare una risposta. Perché è proprio dalla risposta a questa domanda che si può meglio comprendere in quale direzione si stia incamminando una squadra di calcio: se l’obiettivo dovesse essere solo il consenso sempre e comunque della piazza, allora il rischio di commettere degli errori potrebbe aumentare a dismisura per il semplice motivo che quella famosa emotività dell’ambiente potrebbe indurre il club a prendere decisioni di pancia, rincorrendo quell’effimero consenso perdendo di vista la stella polare di ciò che sia il reale interesse, ciò che sia più utile, ai fini della serena e fulgida esistenza della società. Ed ecco allora cambi di scenario repentini, sotto forma di avvicendamenti tra allenatori, direttori sportivi e calciatori. Se invece la risposta alla domanda di cui sopra è voler garantire un futuro solido ed ambizioso alla società , allora ecco che qualsiasi decisione anche la più impopolare potrebbe essere digerita dalla piazza, una volta decantata quella inevitabile dose di emotività che è anche comprensibile e finanche giusto che sia presente nel cuore della tifoseria. Tuttavia, non deve essere questa emotività a guidare le decisioni di chi è preposto a dettare una linea da seguire. La sostenibilità economica e finanziaria di un club occupa i pensieri di qualsiasi dirigente cauto ed avveduto, ma bisogna anche intendersi circa il significato della stessa e sul modo di perseguirla. Aver messo circa 100 milioni di capitali a disposizione della Salernitana in due anni e mezzo è sicuramente un punto a favore di Danilo Iervolino che però non ha agito per mero spirito caritatevole ma giustamente ha sostenuto degli investimenti ed i costi annessi con l’obiettivo di far crescere il valore complessivo della società, strutturandola dal punto di vista del patrimonio tecnico ed anche immobiliare con la previsione della realizzazione di un centro sportivo di proprietà e con l’auspicio ormai riposto in un cassetto di potere avvalersi dello stadio attraverso la stipula di un accordo per la concessione dello stesso per qualche anno. Dov’è allora che c’è stato un corto circuito almeno in apparenza, mettendo in semplice ordine cronologico gli eventi che si sono susseguiti negli ultimi mesi? Insomma il punto è capire perché dopo aver scompostamente lottato per rimanere in serie A nella seconda parte della stagione 2021/ 2022, progressivamente ci sia stato un processo inverso, quasi una frenata rispetto a quella spinta fortissima, veemente e travolgente che c’era stata all’inizio della storia. È anche lecito che ad un certo punto un proprietario voglia fare i suoi conti valutando opportunità e rischi, ma la stagione che si avvia a conclusione rischia di passare alla storia come una grande occasione sprecata, non si sa fino a che punto per mancanza di investimenti o semplicemente, ma in tal caso la cosa sarebbe addirittura più grave, per un eccesso di presunzione e superficialità. Probabile che nella stanza dei bottoni granata nessuno pensasse che le tre neopromosse potessero scansare in blocco le insidie della zona retrocessione che è territorio che spetta quasi di diritto a chi salendo dalla categoria inferiore debba comunque scontare anche nell’immaginario collettivo una sorta di noviziato. Se il Genoa ha ben presto dimostrato di avere valori tali da poter stare a distanza di sicurezza dalla zona rossa, per almeno venti e più giornate di campionato Cagliari e Frosinone sono andati oltre le aspettative. Le magie di Soulé sono diventate il tormento della Salernitana nella misura in cui in estate si era deciso di seguire una linea ed in autunno la stessa era stata sconfessata. Tutta colpa, e torniamo a bomba, della maledetta emotività che attanaglia tutti, nessuno escluso, ma che resta un nemico invisibile quanto pericoloso per chi deve guidare un club. Rimpiangere la decisione di non avere aperto ai prestiti in estate, che non ci risulta potersi attribuire solo ad una componente della società granata, è ora esercizio inutile che serve solo a rendere più profonda e dolorosa la ferita chiamata rimpianto. Inutile ora trasformare questa stagione sciagurata nella stagione degli stracci, perché ora come ora più che continuare a distribuire a destra e a manca colpe e responsabilità serve soltanto una cosa: stilare con lucidità e perizia un programma per il futuro ed in questo sarà fondamentale bandire qualsiasi forma di emotività, ragionando con la testa e non con la pancia. Un po’ di cuore ci vorrà, ma quello sarebbe servito specialmente quest’anno quando c’erano ancora tutte le condizioni per salvare la stagione, ritrovando quella passione e quella voglia di lottare scompostamente di cui si parlava prima. Sarebbe bellissimo se nelle ultime nove giornate la Salernitana affidata all’esperto Stefano Colantuono potesse compiere un altro miracolo sportivo, ma al momento prestazioni e risultati non lasciano troppi margini. Fra i tifosi si comincia a ragionare all’insegna della necessità di risalire immediatamente nella massima categoria, cosa che è riuscita a Cagliari ed al Genoa nella passata edizione del campionato di serie B. La società però dovrebbe subito manifestare quale sia il suo orizzonte, perché in estate bisognerà avere idee chiare e offrire anche ai tifosi una solare prospettiva. Bisognerà indubbiamente ricostruire l’organico dal punto di vista tecnico, ma questo compito dovrà essere affidato ad un dirigente esperto e qualificato. Se sarà ancora Sabatini, magari con la collaborazione di altre figure, o se si volterà nuovamente pagina, questa è una scelta che la società dovrà prendere con grande serenità, ma dovrà essere fatta in tempi ragionevolmente rapidi proprio per poter avviare una programmazione efficiente quanto tempestiva. Poi verrà tutto il resto, ma la premessa sarà essere chiari con la piazza anche nell’indicare gli obiettivi e qui torniamo al discorso della sostenibilità che è lecito ma che va spiegato per bene perché non sempre le parole hanno interpretazioni uniche.
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