Sannino, prima, ora, invece, Bollini: i due allenatori le hanno provate tutte, ma la Salernitana resta una squadra costruita in maniera così caotica da non avere un modulo ideale. Anzi, un modulo con cui sistemare in campo le pedine sembra essere una chimera. Lo dicono i fatti, lo sostiene il campo, giudice supremo ed inappellabile per tutti. Del resto, è da tempo che si insiste su questo tasto: ad agosto, in sede di mercato, la Salernitana ha operato senza avere le idee chiare, senza sapere quale sistema di gioco e quale modulo avrebbe adottato, barcamenandosi con la storiella della duttilità e della capacità di essere camaleonti. Un conto, però. è essere bravi a cambiare pelle in corsa, un altro è non avercela proprio. La Salernitana è una squadra nuda, nel senso che non ha ancora un suo abito, una veste tattica da sfoggiare con sicurezza al cospetto della rivale di turno. A Bari Bollini ha varato il 4-3-3, ma la coperta s’è rivelata, come era facile prevedere, corta. Come si possa interpretare un modulo che richiede meccanismi e tempi di gioco perfetti e tanta corsa senza avere terzini in grado di solcare le rispettive corsie e mezze ali pronte a fiondarsi negli spazi resta un mistero. Così come l’assenza di esterni d’attacco in grado di tagliare con forza verso l’area di rigore è un dato inoppugnabile. Rosina dà una sua interpretazione del ruolo ed a Bari ha concluso diverse volte verso la porta, ma non ha mai lasciato sul posto il diretto avversario, mentre Improta ha corso ma non ha mai dato la sensazione di poter essere davvero devastante, forse perchè più portato a giocare sulla destra dove può saltare l’uomo ed andare al cross dal fondo. Insomma, la rosa granata è composta da individualità nemmeno da disprezzare ma difficili da assemblare. Ingaggiare dei calciatori è un conto, allestire una squadra è un altro paio di maniche. Se non si sa in funzione di quale assetto tattico si voglia operare, allora è tutto lasciato al caso. La Salernitana non ha programmato, ha solo atteso che sul mercato si manifestassero delle buone occasioni, spendendo quasi tutta l’estate e gran parte del budget per l’operazione Rosina, che finora non ha reso nè sul piano dell’immagine – perchè non c’è stata l’impennata negli abbonamenti in cui la proprietà sperava, come se Salerno fosse una piazza a cui basti dare in pasto un nome e non un progetto per fare cassa – nè su quello tecnico. Non è certo tutta o solo colpa dell’ex Catania, ma sotto esame è il modus operandi del club che ha allestito un organico privo di alcuni ingredienti che sono indispensabili in B: corsa, forza fisica, centimetri a centrocampo, cambio di passo sugli esterni sono estranei alla rosa granata salvo poche eccezioni e senza questi si è destinati a fare tanta fatica. Il campo ha bocciato il mercato ed a gennaio bisognerà lavorare in maniera molto più oculata ed incisiva per rimediare. E’ la verità inconfutabile che il campo sta raccontando, quella per cui chi ha operato dovrebbe avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. La Salernitana è in zona retrocessione, ha già cambiato allenatore e si ritrova pure con una rosa lacunosa e con tante spine visto che non è un mistero che alcuni calciatori siano stati bocciati senz’appello o siano stati accantonati per diverse ragioni. Bollini è atteso da un lavoro difficile e, si spera, possa godere del necessario supporto della società per riuscire laddove Sannino ha fallito e non solo per suoi demeriti: trovare una identità, dare un’anima ad un gruppo così mal assortito in attesa che arrivi presto gennaio.
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