SALERNITANA, RIFLETTORI E MALERBA –

La luce dei riflettori, quelli che illuminano il prato dell’Arechi ed il viso di Danilo Iervolino durante la festa salvezza o quelli delle telecamere di Dazn che mettono in risalto l’espressione di Walter Sabatini, perennemente in bilico tra l’estasi della visione che sa di dono fatto ad un eletto ed il tormento di una sottile e mai scacciata inquietudine, non aveva nascosto le crepe di un rapporto sempre sul filo di lana tra due personalità che amano primeggiare e cercano la ribalta. Nessuno ha fatto un passo indietro nel momento in cui, forse con stupore reciproco, ieri mattina la notizia di una rottura era diventata di pubblico dominio. L’ennesima conferma che spifferi e voci di dentro non sono stati spazzati dal vento della rivoluzione di gennaio e che, forse, ora più che mai la prima cosa da fare sia quella di completare l’opera, spazzolando per bene sedie e scrivanie e completando l’opera così da rompere una volta e per tutte i ponti con un passato che, alla prima occasione, subito si rifà avanti, ridando fiato al solito repertorio. Se con Sabatini il feeling si sia improvvisamente interrotto per motivi legati a vicende contrattuali, a causa di una divergenza sul metodo con cui approcciarsi al mondo dei procuratori, che, come tutti, mettono al centro dei propri interessi il guadagno personale, saranno gli stessi protagonisti di questo litigioso idillio finito troppo presto o, forse, durato lo stretto necessario per firmare una storica impresa e non macchiarla con il rischio di un successivo flop, a spiegarlo. Certo, chi si è premurato di spifferare tutto in modo da rendere pubblica la lite già ieri, ha agito con la dichiarata intenzione di portare la cosa alle estreme conseguenze, forzando la rottura. Non ci si illuda, però, che ciò basti per far tornare in auge vecchi attori e mestieranti. Il passato è passato ed è stato segnato da anni di mediocrità tecnica, di contratti pluriennali concessi a calciatori che ora, loro sì, pesano sulle casse sociali, raggiungendo la sua apoteosi fatta di vergogna e meschinità con i sei mesi del trust in cui si è assistito alla mortificazione quotidiana della Salernitana. Dal contratto di Colantuono ai riscatti post datati di Simy e Mamadou Coulibaly, passando per l’ingaggio di Kechrida al quadriennale a Fiorillo, il dodicesimo divenuto poi terzo portiere, la lista di operazioni discutibili sarebbe lunghissima. Sabatini ha lasciato in eredità sette calciatori di proprietà, tra cui Ederson e Bohinen, che frutteranno vere e sostanziose plusvalenze alla società di Iervolino, presidente investitore e non certo puro e semplice benefattore, come è giusto che sia, oltre a quattro elementi tornati alla base, Verdi, decisivo a suon di gol per la salvezza, tra questi. Errori? Certo, come tutti anche Sabatini li avrà commessi ed in tempi non sospetti se ne assunse anche la responsabilità. L’esperienza del diesse umbro a Salerno è stata un viaggio onirico e carnale al tempo stesso dentro una piazza che lo ha amato come mai gli era capitato, forse anche per questo scalfendo inconsapevolmente certi labili equilibri. Iervolino vuole cambiare il calcio, partendo dai rapporti con gli agenti, ma il calcio è anche un sottobosco in cui a volte si concede qualcosa in più perché possa tornare indietro a tempo debito. Il cambiamento, laddove sia illuminato e lungimirante, è sempre un traguardo che val la pena rincorrere. Fatto sta che quello che sul campo la Salernitana rivoluzionata da Sabatini è stata capace di fare e di trasmettere in termini di emozioni, orgoglio, gioia ad una piazza che era stata offesa e derisa dalla precedente proprietà e divisa dal predecessore di Sabatini è qualcosa che niente e nessuno potranno cancellare. Oggi la Salernitana ha una grande proprietà e può ripartire dalla serie A anche perché c’è stato Walter Sabatini. Voci e maldicenze spuntate tra la malerba che ancora non è stata estirpata non possono cambiare la storia che, forse, avrebbe meritato un epilogo diverso, anche solo anticipato nella tempistica e non un freddo comunicato che ha le sembianze di una condanna già passata in giudicato.

Autore dell'articolo: Nicola Roberto