L’assoluto silenzio che circonda da mesi l’ipotesi di uno sciagurato accorpamento delle Autorità Portuali di Napoli e Salerno ci costringe a richiamare l’attenzione – anche per vie mediatiche – delle Autorità competenti, alle quali desideriamo nuovamente rimarcare, come già ripetutamente fatto in passato, l’assoluta contrarietà di tutta la comunità portuale salernitana.
E’ appena il caso di sottolineare che la contrarietà non può essere semplicisticamente snobbata intendendola come “difesa del proprio orticello”. L’unica gravissima preoccupazione che ci muove è che i livelli di efficienza e di competitività raggiunti e consolidati negli ultimi decenni – anche sotto il profilo dell’operatività amministrativa che va riconosciuta all’Autorità Portuale di Salerno ed ai due Presidenti che al suo vertice si sono succeduti – saranno certamente messi in crisi da un accorpamento che è davvero impossibile comprendere.
I veri problemi dei porti italiani sono noti: procedure di nomina dei presidenti; tempi di approvazione e realizzazione di progetti, varianti, dragaggi; urgenza di una reale sburocratizzazione; macchinosità dei controlli di sdoganamento, etc. Nessuno, ma realmente nessuno di questi problemi viene risolto dall’accorpamento, che, anzi, finirà con burocratizzare ancora di più i pur necessari ed indispensabili processi di riqualificazione degli scali marittimi.
Così come è priva di ogni fondatezza la tesi secondo cui l’accorpamento di alcune Autorità Portuali possa determinare economie di scala, prodromi di una maggiore capacità competitiva. I singoli porti resteranno, comunque, fisicamente separati e la competitività andrà ricercata in ciascuno di essi, in modo direttamente proporzionale al livello di efficienza che da soli saranno in grado di mettere in campo. Il valore aggiunto costituito dall’efficienza/competitività si configura come la caratteristica vincente del porto di Salerno, che movimenta quantitativi di merci e traffici ben superiori a molti degli scali “salvati”.
D’altra parte, un provvedimento serio di aggregazione del sistema portuale in macro-aree logistiche, come originariamente si immaginava, avrebbe dovuto puntare a non più di sei distretti – Nord-Est, Nord-Ovest, Sud-Est, Sud-Ovest, Sardegna e Sicilia – mentre, invece, e qualche ragione ci sarà, il provvedimento che sembra di imminente attuazione garantisce ai porti del Centro e del Nord Italia il mantenimento della propria autonomia (Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona), ed a tutti i porti del Sud accorpamenti in Autorità Regionali (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). La Liguria manterrà due Autorità (Genova e La Spezia) e sta combattendo per ottenerne anche una terza (Savona), mentre la Campania (seconda regione marittima d’Italia) ne dovrebbe avere solo una con sede a Napoli.
Comprendiamo bene che la geopolitica è una scienza complessa, ma riteniamo che ancora sfugga il rischio gravissimo che corre il nostro scalo in termini di mantenimento della propria efficienza e conseguentemente dei livelli di competitività che, poi, si traducono in capacità di attrarre investimenti, redditività e posti di lavoro.
Invece di porre mano ai problemi sostanziali del sistema portuale italiano, che nulla hanno a che vedere con l’accorpamento, si penalizza un porto come Salerno che, più di altri, ha dimostrato negli anni la capacità di fare funzionare bene il partenariato pubblico/privato, alla base di tutti i casi di successo dei territori che in Italia si dimostrano attrattivi.
Si continua a ragionare di portualità con una visione sorpassata, di un sistema teso ad intercettare e distribuire flussi di merci all’import, provenienti da Cina e Far East. Gli interessi del nostro Paese risiedono, invece, nel rilancio della sua componente manifatturiera, fortemente orientata all’export, attraverso un network di porti efficienti come Salerno, che svolgano una funzione indispensabile di forte raccordo con il territorio, favorendo l’accesso ai mercati internazionali delle imprese che ne usufruiscono. A questi porti, a marcata vocazione internazionale come Salerno, va garantita la autonomia di gestione, se ispirata a regole di buone pratiche, fermo restando il rafforzamento di un coordinamento nazionale, che può essere anche espresso tramite un numero massimo di sei Autorità di distretto.
Vale la pena sintetizzare lo scenario che si è venuto a determinare e che va – a nostro giudizio – assolutamente modificato.La originaria idea “strategica” di razionalizzare il sistema dei porti italiani prevedeva una significativa riduzione del numero delle singole Autorità Portuali, con la costituzione di un numero ridotto di Autorità di Distretto, dei Porti e della Logistica,
La Comunità portuale di Salerno si oppone fermamente a quest’ipotesi perché siamo certi che gli accorpamenti di alcune authority non hanno nulla a che vedere con la soluzione dei problemi della portualità italiana. Anzi essi avrebbero un effetto negativo su questi fronti, rispondendo non ad un criterio di premialità delle buone pratiche e del merito, ma ad un rappresentazione, puramente demagogica, di una spendin greview, che, conti alla mano, nemmeno sarebbe conseguita.
Occorre, altresì, evidenziare che il porto di Salerno si caratterizza in ambito nazionale per due importanti indici di eccellenza: la quantità di merce movimentata per metro quadro (primo scalo in Italia e tra i primi in Europa); il grado di efficienza amministrativa sotto il profilo della realizzazione di opere pubbliche: in pochi anni sono stati impegnati e spesi oltre 200 mln di euro destinati ad infrastrutture portuali – peraltro oggi già fruibili – ai quali vanno aggiunti gli altri 75 del Grande Progetto (in corso di ultimazione). Queste perfomance gestionali si inseriscono nel contesto desolante descritto dalla Corte dei Conti, che – relativamente alle opere gestite da altre Autorità Portuali – ha segnalato marcati profili di criticità consistenti, in particolare, nei ritardi accumulati nell’attuazione degli interventi di riqualificazione infrastrutturale per un totale pari a circa 1.500 miliardi di euro, di cui una quota consistente (non impiegata nei tempi previsti) è stata restituita alla Comunità Europea.
Dal nostro punto di vista restano centrali le indicazioni contenute nel documento/parere (5 agosto u.s.) della IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) in merito allo “Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica” (Atto n. 188).
Nel documento si leggono i seguenti passaggi che si citano testualmente:
“i) con riferimento alla riforma della governance delle Autorità portuali, si individui un appropriato equilibrio tra le esigenze di razionalizzazione e di coordinamento e l’esigenza di conservare il forte raccordo dei porti con il territorio. Per quanto concerne in modo specifico l’individuazione delle Autorità di Sistema Portuale, si concorda nel riconoscere l’importanza che assume anche la definizione delle reti di trasporto transeuropee TEN-T rispetto alla programmazione nazionale”;
“j) fermo restando l’indirizzo di rafforzare il coordinamento nazionale, è necessario, in fase di attuazione del Piano, un confronto ampio e costruttivo con le Regioni e gli Enti Locali anche in ragione della competenza legislativa concorrente in materia di porti; in particolare, riguardo alle modalità con cui saranno definite le misure legislative di riorganizzazione delle Autorità portuali e di revisione della legge n. 84 del 1994, sia assicurato il coinvolgimento, da un lato, delle Regioni e degli Enti Locali, come espressamente stabilisce il criterio di delega introdotto nel disegno di legge di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, definitivamente approvato, dall’altro, delle Commissioni Parlamentari competenti in materia di trasporti”.
Se proviamo a sintetizzare, che cosa raccomanda nel proprio parere la Commissione?
1) Conservare il forte raccordo dei porti con il sistema economico e produttivo insediato sui territori di riferimento;
2) Attivare un necessario ed ampio confronto con le Regioni;
3) Non considerare quale unico elemento di valutazione il collegamento con le Reti Ten-T.
Sulla base di queste considerazioni, la comunità portuale di Salerno fa appello al Sig. Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture; al Sig. Presidente della Regione Campania; al Sig. Presidente della Provincia di Salerno; al Sig. Sindaco della Città di Salerno; ai Sigg.ri Deputati e Senatori eletti nel territorio salernitano, sollecitandoli ad approfondire le problematiche sollevate, al fine di scongiurare un inutile e dannosissimo accorpamento nella autorità’ portuale di Napoli e – soprattutto – ad intraprendere in queste ore una forte ed incisiva azione istituzionale a tutela dello scalo della nostra provincia, delle aziende che in esso operano e dei livelli occupazionali raggiunti.
L’intera comunità portuale di Salerno, fatta di tante aziende, lavoratori, servizi, che compongono la maggiore impresa del territorio, chiede che al porto di Salerno sia garantito il mantenimento della autonomia della propria Autorità Portuale, assicurando alla Regione Campania la stessa considerazione già attribuita alla Regione Liguria, dove sono state preservate due Autorità Portuali. Essa chiede, in conclusione, che Salerno sia trattata con la stessa dignità di La Spezia rispetto a Genova, di Venezia rispetto a Trieste, di Ancona rispetto a Ravenna, facendone il quindicesimo porto sede di Autorità Portuale che mantiene la propria autonomia.