Nervi a fior di pelle, mal di pancia abbastanza diffusi, un clima generale di insoddisfazione misto a malessere ma, intanto, la partita non può essere sospesa, la si deve giocare fino alla fine, troppo importante e preziosa la posta in palio: il futuro dell’amministrazione comunale di Salerno. E’ di tutta evidenza, lo si capisce girando tra i corridoi di Palazzo di Città, che la decisione di distribuire tra gli assessori già in carica le deleghe lasciate vacanti da Cascone e Picarone, promossi al Consiglio regionale, unitamente a quella del turismo che gestiva ad interim il sindaco Napoli, ha scontentato gran parte dei consiglieri di maggioranza. La decisione di “distribuire” le tre deleghe a due assessori già in carica, De Maio e Guerra, con Enzo Napoli che ha avocato a se quella all’annona, rischia di determinare una situazione di empasse. Il rimpasto soft che in teoria non avrebbe dovuto scontentare nessuno ha, invece, alla fine della giostra, scontentato tutti, soprattutto i tanti aspiranti assessori. Il discorso che un po’ tutti coloro che ambivano all’incarico fanno è molto semplice: in un momento in cui è necessario sprintare in vista delle amministrative del 2016 sarebbe stato meglio distribuire i carichi di lavoro tra più persone e non concentrare i “poteri” tra i soliti noti…. Diverso, invece, il pensiero del sindaco Enzo Napoli che è partito dall’assunto secondo il quale essendo poco il tempo a disposizione di questo Consiglio sarebbe stato controproducente inserire nuove figure in giunta, di qui la decisione di distribuire tra gli assessori in carica. Il problema vero è un altro: indicare uno piuttosto che l’altro avrebbe ulteriormente dilaniato gli equilibri interni alla maggioranza perchè erano in tanti, forse troppi, a rivendicare un ruolo da spendere bene in una campagna elettorale che è di fatto già cominciata. Ovvio che Napoli abbia deciso per questa soluzione di concerto con Vincenzo de Luca ben conscio del fatto che qualsiasi scelta avrebbe avuto delle ripercussioni. Intanto, però, l’esercito degli scontenti si è così ingrossato a dismisura. C’è chi medita un abbandono, chi una presa di distanze chiara e netta, chi fa buon viso a cattiva sorte, chi, in fondo, si accontenta preferendo continuare a lavorare nell’ombra. Si spera nell’interesse, sovrano, della città.
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