SE VOLERE E’ DAVVERO POTERE: LA LEZIONE DI VENTURA

Gian Piero Ventura cerca di sfuggire alla banalità e, bisogna dargli atto, il più delle volte vi riesce. Ad ogni conferenza stampa, infatti, il tecnico genovese rilascia dichiarazioni che lasciano il segno. Piccole o grandi perle di saggezza, lasciate galleggiare nell’aria, la cui eco non si spegne sul momento, ma può raggiungere, anche dopo qualche giorno, chiunque abbia voglia di analizzarle in profondità. E, così, anche dopo la gara con il Chievo, Ventura ha indicato alla squadra una strada: se vogliono, possono. Così ha detto il trainer genovese dopo la partita con i veneti che non ha portato in dote tre punti, ma molto di più se si avrà la capacità di andare oltre il responso del campo. La prestazione della squadra granata non è stata premiata dalla vittoria, ma ha aggiunto qualche certezza al bagaglio di un gruppo che da mesi sta lavorando a testa bassa e che non resta sordo ai rimproveri, ai richiami, come ai consigli ed alle esortazioni del suo allenatore. Appena Ventura ha indicato ai centrocampisti quali movimenti effettuare, la squadra ha letteralmente cambiato registro, producendo una notevole mole di gioco cui non ha corrisposto un numero congruo di occasioni da gol o di conclusioni in porta. E qui il messaggio di Ventura può estendersi alla proprietà. Se è vero che volere è potere, questo non vale solo per i calciatori, molti dei quali stanno ricoprendo un ruolo diverso da quello a cui erano abituati e stanno anche andando oltre i propri limiti. Volere è potere è un motto che deve valere ancor di più per la proprietà, non pervenuta mercoledì sera, tornata a recitare il ruolo di spettatrice a distanza dopo la parentesi del derby, ma chiamata ad essere parte attiva da qui a gennaio quando bisognerà agire tempestivamente ed in maniera convinta sul mercato per riparare agli errori del passato ed alle omissioni della campagna trasferimenti estiva. Non aver completato la rosa attuale con quei due- tre innesti che ne avrebbero innalzato da subito il tasso tecnico e di competitività, averla anche privata del diciottesimo over con la improvvisa uscita di scena di Calaiò, sono colpe ben precise che non possono che ascriversi a chi ha le redini del comando e che non ha voluto, saputo, forse potuto, dare seguito e concretezza alle parole all’acqua e zucchero di Venezia. Se questa squadra ha trovato una sua identità, a prescindere dai risultati, il merito è in massima parte di Ventura; ma se a questa squadra si vorranno dare le armi per competere per un traguardo ambizioso, la decisione spetterà solo alla proprietà che, finora, ha badato solo a programmare il futuro della Lazio, facendo arrivare a Salerno giovani calciatori da svezzare in vista del ritorno alla casa madre. Se si vuole rispettare la piazza, se le si vuole proporre un progetto serio, bisogna fare di più, meglio e, soprattutto, diversamente da come si è finora fatto. Altrimenti le parole di Ventura saranno destinate a galleggiare eternamente nell’aria.

Autore dell'articolo: Nicola Roberto